sabato 28 novembre 2015

Dello stesso sangue

Per un Avvento di Pace e Fratellanza Universale

C’è euforia al Foyer dei giovani di Abéché! Più di trecento giovani affollano il centro culturale della missione cattolica per vivere insieme la giornata della coabitazione pacifica! Sullo sfondo le notizie dalla radio che al lago Ciad ancora Boko Haram, il gruppo affiliato allo Stato Islamico, attacca villaggi e fa stragi di innocenti…ma qui ad Abéché la resistenza di un popolo che ancora prova a credere nella pace…con ostinata speranza…quella di un nuovo cielo e una nuova terra…

                Il 28 novembre  è festa in tutto il Ciad! Si fa memoria della proclamazione della Repubblica…ancora lontana dall’essere la casa comune dei ciadiani…ma almeno in cammino. Dopo trent’anni di guerre che hanno dissanguato il paese e tolto il fiato alla popolazione il popolo ciadiano prova a rimettersi in piedi. Parola d’ordine: oabitazione Pacifica…tra tutte le etnie e culture, tra le religioni…cristiani e musulmani che si mettono insieme per vivere un momento unico di festa, di canto, di riflessione, di preghiera insieme,,,versetti del Corano si intercalano a versetti biblici! Applausi a non finire…pelle d’oca per una speranza oltre confini! Si comincia con le corali della comunità cristiana per continuare con canti in arabo che toccano cuori e sguardi di pace…l’inno nazionale ciadiano cantato da tutti in piedi…le parole di benvenuto dei responsabili della comunità cristiana di Abéché e del Comitato Giustizia e Pace & Dialogo interreligioso che ha organizzato l’evento….per la prima volta nella storia di Abéché.

                Facciamo memoria della storia della nostra città per capire radici e tradizioni…Mohammad Salaeh Jacob, vice rettore della nostra Università Adam Barka di Abéché, apre le danze con un intervento magistrale che fa capire da dove veniamo…terra dell’islam che si apre poco a poco all’incontro con le culture del sud e del cristianesimo passando per la crudeltà del tempo del colonialismo che ha lasciato ferite aperte…poi tante domande intervallate dai gruppi teatrali di giovani cristiani e musulmani che attraverso gesti, parole e situazioni rocambolesche di vita tra diverse etnie e religioni lanciano il messaggio dell’unità nella diversità.

                Quindi l’intervento di Abdelkerim, segretario del Consiglio Superiore degli Affari Islamici, che invita tutti i giovani ad aprire gli occhi e cuori per conoscere davvero il Corano e la Bibbia e partire dai fondamenti e dell’essenza delle religioni: il rispetto per l’altro, l’accoglienza, l’attenzione ai più poveri. “Siamo dello stesso sangue e non possiamo farci del male gli uni gli altri” grida dal palco. “In te vedo me e in me vedo te” dice ai giovani cristiani…lui uomo musulmano formato da suor Nadia ai tempi del liceo Franco-Arab…in 30 anni che la conosce lei non gli hai chiesto di diventare cristiano e lui mai ha provato a convertirla all’Islam…non è forse la libertà di coscienza a cui la Chiesa è arrivato solo con il Concilio Vaticano II. Non è forse questo il mondo che sogniamo? Ognuno risponde davanti a Dio e al santuario della sua coscienza…

                “Non è questo il cielo nuovo e la terra nuova che coltiviamo nel più profondo del cuore?” grida padre Filo dal palco per il messaggio dei cristiani sulla coabitazione pacifica. “Dio sogna una città diversa, costruita da lui come regalo per l’uomo…città dove non ci saranno più conflitti, più sangue e più la morte…la Gerusalemme celeste di cui parla l’Apocalisse al capitolo 21 (Ap 21,1-8). Dio aveva provato a lasciare che gli uomini costruissero la loro città fin dagli unizi…ma quel tentativo è andato male. I suoi figli invece di costruire in orizzontale relazioni di fratellanza universale sono andati in verticale con la torre di Babele dove hanno cercato di toccare il cielo..farsi grandi, sostituirsi a Dio! Così comincia la Bibbia…e termina con la città vera, la Gerusalemme celeste, che può essere solo dono suo per noi. E’ questa la Abéché che sogniamo…il Ciad che vogliamo…l’Africa che portiamo nel cuore…l’umanità che vogliamo rivoluzionare”. Il testo sovversivo dell’Apocalisse è letto anche in arabo da padre Abakar confratello sud sudanese…che termina la mattinata con la preghiera in arabo di Papa Francesco sulla pace(qui in francese):

Prière pour notre terre (Laudato Sii n°246)

Dieu Tout-Puissant
qui es présent dans tout l’univers
et dans la plus petite de tes créatures,
Toi qui entoures de ta tendresse tout ce qui existe,
répands sur nous la force de ton amour pour que nous protégions la vie et la beauté.
Inonde-nous de paix, pour que nous vivions comme frères et soeurs
sans causer de dommages à personne.
Ô Dieu des pauvres,
aide-nous à secourir les abandonnés
et les oubliés de cette terre
qui valent tant à tes yeux.
Guéris nos vies,
pour que nous soyons des protecteurs du monde et non des prédateurs,
pour que nous semions la beauté
et non la pollution ni la destruction.
Touche les coeurs
de ceux qui cherchent seulement des profits
aux dépens de la terre et des pauvres.
Apprends-nous à découvrir
la valeur de chaque chose,
à contempler, émerveillés,
à reconnaître que nous sommes profondément unis
à toutes les créatures
sur notre chemin vers ta lumière infinie.
Merci parce que tu es avec nous tous les jours.
Soutiens-nous, nous t’en prions,
dans notre lutte pour la justice, l’amour et la paix.

                A concludere la mattinata le parole emozionate di Abba Saradingar nostro cristiano e segretario generale della regione del Dar Ouaddai, rappresentante del Goverantore, che si augura vivemente che iniziative come questa si moltiplichino e aiutino i giovani a costruire pace e fratellanza nel paese.

                In serata un video ciadiano stupendo “Moussa e Cristian” per i giovani che affollano la sala video del Foyer. La storia di due grandi amici, uno cristiano e l’altro musulmano, divisi dalla guerra degli anni ’80 che arrivano a ricostruire la loro amicizia e a renderla inossidabile. Segue il dibattito tutto organizzato dai giovani all’insegna delle testimonianze di vita assieme, di amicizia e di rispetto, anche di scontri nella vita a volte…ma mai la serata prende il tono della polemica e dell’astio. Terminiamo nella gioia e con la speranza folle che quello che abbiamo vissuto in questo 28 novembre continui a scaldare cuori e passi dei costruttori di pace, felici di essere chiamati Figli di Dio (Mt 5, 9).

                Da maestra Africa arriva uno spiraglio di speranza,,una porta che si apre...come la porta santa della Cattedrale di Bangui, in Centrafrica, che domani Franscesco splanca per l'avvento di Dio...Per il momento speriamo possa confortare chi nel mondo vive nell’angoscia e nel panico...E per chi vive nella paura che ci fa chiedere in casa. 

               Forse l'insegnamento di mamma Africa può bastare per chi se la prende con tutti gli immigrati? E per chi pensa che non è possibile sulla terra vivere da fratelli e sorelle? 

             Sono solo dei nostalgici sognatori coloro che si spendono per incontrarsi e conoscersi tra diversi? E forse é solo un illuso chi si spende fino in fondo per un umanità nuova per vivere sulla terra in modo radicalmente altro? Forse era un pazzo Gesù Cristo? Forse è solo un matto da legare papa Francesco che tocca ora il suolo sacro del Centrafrica come prima volta nella storia martoriata del paese per un Vescovo di Roma? Forse noi cristiani e musulmani di Abéché siamo solo isola felice che non conta nulla agli occhi del mondo? Forse coem recitano tanti l'impegno non serve a nulla e le cose non cambiano mai?

O forse, come cantava Bennato, “chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle forse è ancora più pazzo di te?


domenica 1 novembre 2015

Santi dentro la storia



Ci svegliamo alle 5 ai primi raggi…dopo una notte passata all’aperto perché il clima di Oum Hadjer è ancora parecchio caldo. Fidele, professore all’Università, e Joseph, infermiere all’Ospedale, mi hanno accompagnato per formare 4 giovani coppie che a Natale si sposano.

                Un bel secchio d’acqua fresca per lavarci, il tempo di accogliere il sole che sale al ritmo del Salmo 63: “Dall’aurora ti cerco…”, di restare in silenzio ripercorrendo le beatitudini del Galileo…ed ecco che arrivano le prime donne, sempre loro le prime!, per riconciliarsi con Dio e con gli uomini…ascolto, ferite, perdono…poi con i resposabili della comunità cristiana intorno al piattone per la colazione a base di pane e salsa con carne di bue…un the e via ad a preparare la celebrazione. In 162 vengono per vivere l’incontro profondo con Dio nell’Eucarestia. La corale canta a squarciagola…il balafon (la batteria tradizionale) riecheggia e dà il ritmo…poi le letture così belle della festa dei santi, la nostra festa…festa di chi è invitato a seguire i passi del Galileo…la meditaazione delle Beatitudini che toccano il cuore della nostra gente…i canti, le danze, i bambini che strillano…

                Al termine della celebrazione il tempo di prendere un the e poi incontro con i catechisti…intanto Fidele e Joseph si ritrovano con le coppie per andare a fondo sul vero valore del matrimonio…controllo l’andamento della piccola scuola che è appena nata e sembra che i primi passi siano buoni…poi ancora tutti attorno al piattone di riso con carne di agnello. I saluti alla comunità e via in strada per aspettare le macchine che fanno la spola Abéché-Oum Hadjer, 140 Km…

                Aspettiamo un oretta perché cercano altri clienti da mettere con noi…così ci invitano sulla strada a mangiare un cocomero e non ci perdiamo l’occasione. Partiamo ma al controllo della polizia mi fermano e mi fanno scendere…un poliziotto nuovo che non mi conosce mi fa storie e mi porta al Commissariato…conosco cosa vogliono, cioè dei soldi, e pensano che come bianco possa spaventarmi. Resto calmo e dico loro che facciano tutti i controlli…che non ho fretta e posso dormire sulla stuoia. Capiscono, mi riconoscono..arriva anche Celestin Lopiagoto il responsabile della comunità cristiana e mi lasciano andare. Così arriviamo ad Abéché che il sole è già calato. Fidele ci invita a casa a mangiare la boule, la classica polenta di miglio. Ridendo e scherzando ripercorriamo la giornata felici di aver condiviso un tratto di strada con la comunità di Oum Hadjer…così è la missione: incontrare, condividere, mangiare assieme, celebrare, formarci insieme…e poi affidare tutto…è quello che vado a fare adesso davanti a Lui per rimettere tutti i volti, le storie, le ferite e le gioie delle Beatitudini al quotidiano della nostra gente nelle sue mani. 

                Chiedendogli il regalo di essere santi come voleva Daniele Comboni per i suoi missionari…non eroi, non gente dell’altro mondo. Gente di qua, semplice, con mille contraddizioni, cadute e limiti, che semplicemente prova a condividere gioie, speranze, fatiche e ferite di questa umanità...al quotidiano...dentro la storia e non sui piedistalli...aprendo cuore, mente e vita a quell’amore unico e infinito di un Dio che sogna di essere Dio non da solo. Ma Dio con noi.

giovedì 15 ottobre 2015

AfroTabaski

Tabaski qui in Ciad significa festa. Quella del pellegrinaggio alla Mecca…e dei tantissimi agnelli per il sacrificio...di Abramo e di tanti suoi seguaci di oggi.

Tanti musulmani partono anche da Abéché come l’imam Ali della grande moschea. Quando passo a salutarlo mi dicono che è partito e mi invitano a sedermi e prendere il the…poi si chiacchiera a lungo in arabo locale e si arriva al dunque: un grande vassoio pieno di kissar, carne, insalata e ogni sorta di delizie ci è servito e tutti intorno attacchiamo con le mani. E’ il nostro Tabaski, cristiani e musulmani tutti intorno al grande piattone…si parla, si ride e si scherza, l’accoglienza viene prima di tutto. Non importa se sono biano e cristiano, qui conta la porta aperta…e così mi ricordo di Fancesco che vuole una Chiesa dalle porte aperte…loro, i fratelli musulmani le hanno già…
Siamo in pena per tutti i morti alla Mecca schiacchiati dalle folle..più di 700 persone! Alcuni chiamano al telefono per sapere se l'imam Ali sta bene...sembra che lui sia fuori pericolo...

Poi passo a trovare il sultano che mi accoglie con gioia e mi invita a colazione il giorno dopo…passiamo con Padre Abakar e Suor Nadia e gli altri membri della nostra Commissione Giustizia e Pace Dialogo Interreligioso, Richard,Maimouna, Mingue…il  sultano ci accoglie nel palazzo e ci fa sedere…poi arriva ogni ben di Dio nel vassoione e lui ci invita ad attaccare con le mani…ci laviamo col secchiello, il sakan come si dice qui, e poi via finché c’è posto…siamo tutti così felici di sentirci accolti, di sentirci a casa…

Sono momenti importanti che creano comunione e fraternità…sono momenti del Regno di Dio che mi immagino così…la stuoia, il piattone al centro e poi tutti con le mani per nutrirsi…senza ingozzarsi..attenti gli uni agli altri…senza divario tra chi ha e chi non ha…solo un sogno? Il dialogo non è allora anche soltantoun vassoio al centro e tante mani che circolano? Un giorno nella vita per sempre, che è anche già questa, non ci troveremo forse a vivere così?

La allora, nel Regno, ci nutriremo solo di Lui, della sua Parola e del suo amore…ma intanto qui ci prendiamo un antipasto insieme in attesa di ritrovarci un giorno tutti dove distinzioni, colore della pelle, soldi in tasca, religioni non potranno più creare cittadini di serie A e di Serie B…ma solo cittadini degni e liberi del Regno.

venerdì 18 settembre 2015

MIssioneé...lasciarci ribaltare!





Piste per vivere l’ottobre missionario sui passi di Mc 10,35-45

Se i cinque morti e i 7 sette feriti della battaglia di Oum Hadjer (dove si trova anche la nostra comunità cristiana) non mi feriscono il cuore non sono ancora missionario della buona notizia di Gesù di Nazaret. Il dottor Pascal ha lavorato fino a notte fonda per cercare di salvarli…

Se la morte della piccola Agnes per malnutrizione non mi fa ribollere le viscere dentro non sono ancora missionario del Regno di pace e giustizia. 

Se dormo sonni tranquilli quando i nostri fratelli e sorelle del vicino Burkina Faso vivono ore drammatiche dopo l’ultimo colpo di Stato non sono ancora un missionario col Vangelo nel cuore. 

Se non esulto per la preghiera fatta insieme questa mattina tra leaders cristiani e musulmani non sono ancora missionario della gioia. 

Se non ci lasciamo ribaltare da Gesù di Nazaret, dalla buona notizia del suo sogno di giustizia e pace, dagli impoveriti della terra e dalla storia ferita di questa nostra umanità non c’è missione di Dio! Ci sarà missione di uomini come a volte chiamano quelle azioni “umanitarie” con armi e carri armati, magari un avventura, un viaggio, delle idee, spesso solo di uomini, da trasportare, delle culture da imporre, degli stili estranei che non fanno breccia nel cuore dei popoli impoveriti che hanno fame e sete di giustizia! Ma saranno sempre gli altri che devono cambiare e non noi stessi! Qui o l’Africa ti cambia dentro davvero o vai presto a casa…o la gente ti entra nel cuore e te ne innamori o non resisti. O provi almeno a capire senza troppo giudicare culture e abitudini o vivi male e non annunci un bel niente. Anzi magari trasmetti solo tristezza e delusione…il contrario del Vangelo! E sei già di-missionario. Quindi meglio andarsene.

Lasciarsi ribaltare è lasciarsi spiazzare con il coraggio di cambiare noi stessi: stili di vita, relazioni, parole e gesti, scelte coraggiose che ci avvicinano a quelle di Gesù di Nazaret. E’ la missione che ti cambia dentro. Come quando ti accorgi che le persone vengono prima dei programmi, i volti prima delle idee, l’ascolto profondo prima della decisione, il cercare condivisione e consenso prima del’orologio, il capire che chi ti circonda è soggetto dell’annuncio della Buona Notizia di Gesù e non soltanto oggetto. Al passo del popolo e non a quello dell’efficienza a tutti i costi. Convertirci alla vita piena per tutti e non convertire qualcuno…a quello semmai ci pensa l’amore e la passione di Dio per l’umanità. Un Dio che non cerca percentuali di appartenenza ad una religione o ad un'altra. Ma un Dio che cerca discepoli del Regno: uomini e donne che camminano sulla terra portando in cuore il sogno della fratellanza universale. Uomini e donne che si lasciano spiazzare perfino vivendo la propria passione e morte…fino ad essere creature nuove e risorte! O c’è questo passaggio, questa Pasqua, o non c’è missione.

            E’ questo, mi sembra, il messaggio del Vangelo di Marco per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno.

In cammino verso Gerusalemme, il centro del potere economico, religioso e politico di quel tempo e di quella terra, Gesù racconta ai suoi amici che la strada verso il sogno del Padre è in salita e che chi si batte per ribaltare le ingiustizie del mondo va incontro alla sofferenza, all’incomprensione, alla solitudine e alla morte. Ma è lì il senso e il gusto di una vita spesa davvero per un mondo migliore. Una vita che non spende, come chiedono di fare Borse, pil al rialzo, spread e consumi sfrenati, ma che si spende. Che si consuma. Gesù lo racconta tre volte, il numero completo, ma i suoi amici sono completamente distanti, non vogliono capire perché i possibili privilegi e tornaconti del seguirlo accecano i cuori. E l’ambizione prende il sopravvento. Come nella nostra Chiesa dove, nonostante Francesco e la sua rivoluzione, si cercano ancora carriere, reputazione, fama, soldi, privilegi. A tutte le latitudini…

            Giacomo e Giovanni, amici pescatori della prima ora, ci provano: posti di potere e salari garantiti. In tanti fanno così in Ciad quando conoscono qualcuno ai vertici e magari fanno parte della stessa etnia. Anche nella Chiesa di Gesù. Corruzione e legami familiari non sani corrodono il tessuto sociale ed ecclesiale. Lasciando sempre ai margini gli impoveriti al di sotto della soglia di povertà; oltre il 70% in un paese produttore di petrolio! 

            Nel loro incontro con Gesù non ascoltano e vanno solo al loro interesse: non gli frega niente se chi seguono farà una brutta fine, basta che loro siano piazzati. Invece di lasciarsi spiazzare. A quel punto, quando avranno ottenuto il posto richiesto, l’onore e il compenso, lo molleranno. Questa non è preghiera! Preghiera è l’incontro profondo con il radicalmente Altro, il Padre-Madre di tutti che ci chiede di ascoltare e poi di fare la sua volontà, non la nostra. Una volontà non da tiranno, ma quella che coincide con la nostra felicità (Sal ). Quante preghiere inutili che Dio non ascolta! Lo dico spesso alla nostra gente. Dio ascolta il grido di chi si affida nella prova, di chi si abbandona davvero e non di chi chiede per sé senza poter poi vivere quel battesimo di Gesù, l’immersione nella vita della gente e del suo popolo fino a lasciarsi consumare e mangiare dalla gente. Non siamo missionari senza la passione dell’incarnazione nella vita, morte, lotta, speranza del popolo in mezzo al quale viviamo. Non siamo missionari se ci accomodiamo in uno stile di vita borghese, troppo distante dalla gente, seduti su privilegi ingiustificati senza sentire l’odore delle pecore e il sangue che scorre nelle vene aperte del popolo. Possiamo essere magari buone persone con buoni intenti ma non ancora veri missionari di Dio e del Vangelo. Quanta strada resta da fare!

            Serve un cambio radicale di mentalità: fare esodo da noi stessi per mettere al centro Dio che chiede di essere servito nei fratelli e sorelle più poveri e abbandonati. Un programma preciso di vita, la vera missione: “Uscire da noi stessi” diceva Helder Camara. Per metterci a servizio e non per farci servire. 

Mi vien male quando la nostra gente ci prepara la sedia migliore, il pasto migliore, ci porta il sakan (catino) per lavarci le mani prima di mangiare. Ho provato a fare una scelta ma mi trovo ancora a lottare contro i privilegi che mi accomodano. Ma se la mia mentalità non cambia e non servo 24 su 24 non sono ancora un missionario. Se metto degli orari di ricevimento e mi nego alla gente perché devo riposare non sono ancora missionario. Se non do la vita ogni giorno nel quotidiano accanto a questo popolo che lotta e che spera non sono ancora missionario. Se chiudo la porta a Anaclet che mi chiede alle 3 di mattina di portarlo in ospedale perché sua moglie deve partorire non sono ancora missionario. Se prometto a Wilfrid di andare a trovarlo in prigione perché è disperato e vuole parlarmi e poi non ci vado non sono ancora missionario. 

E’ soltanto dando che si riceve, dando la vita che la si ritrova in pienezza…questo è il segreto del Vangelo che chiede di essere vissuto. Perché finché ne parliamo ma non lo viviamo non lo capiamo e non ne gustiamo i frutti. Più ci lasciamo mangiare dalla gente e più diventiamo noi eucarestia, pane spezzato per gli altri, più la vita rifiorisce nelle vene della nostra storia. Più si ama e si rischia per Gesù di Nazaret e per il Vangelo più si assapora una vita così intensa piena e bella che non può finire e che non finisce. E già per sempre…


venerdì 28 agosto 2015

Ripartendo...verso il sogno di Dio




Carissime/i un abbraccio a tutte/i con la gioia del Vangelo.
Proprio quella che ci ha portato due anni ad aprire una nuova comunità comboniana al nord-est del Ciad al confine con il Sudan e la travagliata zona del Darfur. Siamo in tre: padre Abakar dal Sud Sudan, il diacono Bernard dal Congo e io. Come piccola presenza proviamo ad essere nel grande oceano musulmano, il 97% della popolazione, quello che voleva Gesù per i suoi discepoli: il sale della terra e la luce del mondo. Ci proviamo, con tutti i nostri limiti! E ci sentiamo accolti e protetti dal mondo musulmano. Volti e storie che ora hanno un nome. Viviamo insieme nel quotidiano e anche collaboriamo e lavoriamo insieme nella scuola, nel centro culturale e nei progetti di sviluppo. Hanno ben capito che noi non cerchiamo proselitismo e conversioni ma, in punta di piedi, proviamo ad essere un piccolo segno di fratellanza universale. E questo è davvero possibile! Con anche difficoltà e barriere in due anni abbiamo rinsaldato quelle belle condizioni per l’incontro ed il dialogo che i gesuiti prima di noi avevano preparato per 60 anni. Abbiamo bisogno innanzitutto noi di convertirci! Non all’islam…ma all’umanità, per essere uomini e poi anche cristiani più veri e più autentici…
Abbiamo una comunità cristiana formata da 18 piccole comunità in un territorio di oltre 200.000 Km² esteso su 6 regioni! Siamo sempre in viaggio per visitare e incoraggiare le piccole comunità cristiane e non farle sentire sole in condizioni molto dure come caldo estremo del deserto e forte escursione termica, pochissima acqua, molto tifo e malaria. Ma non ci arrendiamo perché è proprio Dio il primo a non arrendersi! Proviamo a creare sempre buone relazioni con i fratelli e sorelle musulmani. Organizziamo seminari di studio e incontri sul tema della cultura della pace, molto sentito qui dopo 30 di una guerra che lascia ancora profonde e aperte ferite.
Accompagniamo con la nostra presenza e amicizia i rifugiati del Darfur: 300.000 nella nostra comunità cristiana da dieci anni! Proviamo a portare avanti progetti di sviluppo legati alle scuole, all’acqua e alla generazione di reddito. Come il sostegno a due associazioni di donne musulmane che ci chiedono macchinari per produrre olio di arachidi e tessere abiti.
Per noi annunciare la buona notizia del Vangelo significa gridare con la vita la gioia di esserci qui e insieme costruire il sogno di Dio…nel nostro piccolo quelle condizioni di pace, giustizia e fratellanza universale…così urgenti al mondo di oggi. L’anelito profondo di tutti…ma da scavare e tirar fuori!
                Sappiamo e sentiamo che ci siete anche voi e tanti altri ad accompagnarci, sostenerci, incoraggiarci…e noi andiamo avanti con la gioia di chi sa che la missione è Sua!  Proviamo ad essere le sue mani e le sue gambe per ricostruire questa nostra umanità così ferita. Recuperiamo insieme l’incanto perduto e il sogno di un mondo radicalmente altro dove al centro c’é il Dio della vita che vuole vita degna per tutti e non il dio denaro!

Vi abbraccio forte nel Dio della vita,
e porto il vostro abbraccio di pace alla nostra gente…
Vostro amico e fratello nel cammino
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