Missione dentro il popolo
Era un pastore. Trascorreva la sua
vita nei campi. Come tantissimi nostri ragazzi ciadiani rapiti al sud e
trasportati al nord per vivere dietro cammelli e pecore nel deserto. Nuovi
schiavi di oggi.
Si chiamava Amos. Dio gli ha preso il
cuore e lui si è messo in cammino. Lo ha chiamato e lui ha risposto. In un
tempo non facile, con il Regno di Israele spezzato in due e con il popolo che
allontana il cuore da Dio per avvicinarlo alla ricchezza, all’accumulo e al
sopruso contro i piccoli. Come il sistema sempre più impazzito di oggi. La
globalizzazione dell’ingiustizia. L’imperialismo del denaro. Che impedisce ai
nostri giovani di riprendere le lezioni all’Università. Bloccata da scioperi
infiniti. Per colpa dei pochi che intascano i soldi destinati ai professori.
Dio lo invita a profetizzare. A
svegliare la sua gente dal sonno comodo dell’assuefazione all’ingiustizia! A
far breccia ancora una volta nel cuore del popolo con il sogno di Dio. Un mondo
radicalmente altro. “Dove neri e bianchi
si daranno la mano per camminare come fratelli” diceva Martin Luther King.
Come cristiani e musulmani che “cercano
l’acqua di Dio dallo stesso pozzo” amava ripetere Chistian De Clergé.
Il giovane si mette in cammino contro
la corrente del mondo. E ispira ancora oggi tantissimi volti che provano a
remare contro l’ingiustizia nei vari angoli più remoti del mondo.
Come ad Abéché dove un popolo in
cammino prova a costruire il sogno di Dio dentro il popolo.
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Questa
sera arrivo dei responsabili dei nostri 6 centri culturali della nostra immensa
comunità cristiana per il primo incontro di coordinamento.
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Da
mercoledì sera Assemblea Generale con delegati di tutte le comunità cristiane
che formano comunità di comunità. Famiglia di famiglie. Con la festa patronale
la domenica di Santa Teresa del Bambino Gesù. Si preannunciano danze e polenta
con capra per tutti.
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Ai
primi di ottobre festa dei 150 anni di vita dei Missionari Comboniani con
animazione sulla vita di Daniele Comboni e dei suoi figli e figlie. Quest’anno
con la grande novità della nascita ad Abeché del gruppo dei Laici Missionari
Comboniani.
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Poi
grande giro per le visite in tutte le comunità. Distanti fino a 500 Km. Tra
deserto e steppa. Buche e fiumi. Per toccare con mano l’azione di Dio nella
storia.
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6
scuole cattoliche che riaprono le porte. Due nuove. Tra speranze e fatiche.
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Continua
il servizio della Caritas con i prigionieri e ben presto con le donne per
l’alfabetizzazione.
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Alcuni
giovani che si interrogano sulla chiamata alla vita religiosa. Uno già in stage
per insegnare in una scuola comunitaria.
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La
chiusura di una bellissima settimana biblica che ha toccato il cuore di più di
50 giovani assetati della Parola di Dio.
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L’incontro
di tre giorni tra giovani cristiani e musulmani riuniti dal desiderio di vivere
a coabitazione pacifica.
E molto altro. Sogni speranze. Che avanzano tra cadute e
ferite. Come quella della comunità di Abeché molto divisa al mio ritorno dalle
vacanze. La situazione sembrava degenerare. Cosa fare?
Sono rimasto
in silenzio a lungo. Ho ascoltato la voce di Dio. Consigli di tantissimi. Ho
fatto pregare persone care. Poi con le persone più di fiducia abbiamo deciso di
uscire allo scoperto e fare un passo verso chi ci accusava da lontano. Ci siamo
abbracciati e ascoltati. Ci siamo chiesti perdono gli uni gli altri. Abbiamo
parlato a lungo. E la pace ritornava poco alla volta da sola. In punta di
piedi. Facendoci tutti più umili e uniti. Ora tutti al lavoro senza più rancori
e rabbie. Con la voglia di trasformare il mondo.
Siamo passati anche noi dalla nostra passione, morte e
resurrezione. Anche così è la missione.
Come Amos
noi Comboniani non ci siamo inventati missionari. Eravamo anche noi in altre
vite e con altri pensieri. Che non erano certo male! Ma un giorno siamo stati
presi al cuore e chiamati a portare nel mondo il messaggio di Gesù di Nazaret.
Per questo proviamo a restare e amare. Dentro il popolo. Senza scappare.
Condividendo la fatica delle critiche e delle divisioni ma anche la gioia di
avanzare insieme e di ritrovare la pace. Come in modo incredibile fanno i
nostri fratelli e sorelle in situazioni di guerra e violenze terribili. Dal Sud
Sudan al Centrafrica. Passando per la Repubblica Democratica del Congo.
L’importante
è esserci dentro e spendersi con tutto sé stessi. Senza stare a guardare da
lontano. Assumere, vivere, lottare. Sulla barca a remare e non sulla riva. Al
passo del popolo. Da profetizzare. Come Amos.