Quante volte, nelle singole vicende di ogni giorno, tra tormenti, dolori e speranze, ripenso a Daniele Comboni! Ogni tanto canto la sua “Nigirizia o morte” da solo o sotto l’albero con i bimbi che mi chiedono musica nella mia lingua. Spesso, quanto sono giù di corda, risento dentro il suo richiamo al coraggio: “ Abbiate coraggio per il presente e per il futuro soprattutto!”. Mi provoca la sua fiducia disarmante in quel Dio che non abbandona mai. E che qui in Africa tocchi con mano. Altrimenti fai presto le valigie…
Nei momenti
più duri, quando sarebbe facile mandare tutto e tutti a quel paese, mi dà forza
rivivere sulla pelle quello che anche lui ha vissuto: “Ho pensato mille volte di mollare tutto. Ma poi tornava sempre in me
quel richiamo dell’Africa!”. E nei frangenti più entusiasmanti e carichi mi
appassiona ancora e sempre vivere il suo sogno di “Liberare l’Africa con l’Africa”. Accompagnare il cammino del popolo
Mbay insieme a due confratelli africani mi fa vibrare dentro quella liberazione
che cresce ogni giorno anche per me, nonostante tutto. L’Africa mi sta
liberando! Il sogno del Comboni va oltre i confini o sono io che lentamente sto
diventando africano?
Non è
importante trovare una risposta. Già la domanda fa camminare. E caminando se abre camino (camminando si
apre la strada) come mi hanno insegnato in America Latina. Non sono più quello
di prima: questi volti e queste storie mi stanno trasformando e io sono felice
che il Vangelo e gli impoveriti dell’Africa stiano smontando i miei castelli e
le mie strutture. E’ così bello e duro, un po’ come la vita, lasciarsi
destrutturare per provare a lasciarsi ricostruire.
Non so dove
sto andando e cosa Dio, l’Africa, Daniele Comboni e i poveri stanno costruendo
in me. Provo soltanto, (e con terribili resistenze!) ad affidarmi. Che
faticaccia riconoscersi diverso, non più lo stesso, forse irriconoscibile anche
agli altri…creatura nuova? Magari! Ancora sono lontano, il cammino è lungo. Ma
almeno siamo in strada, speriamo al posto giusto. Mai arrivato! La meta è
lontana e, se ho imboccato la strada giusta, si chiama libertà, l’essere
finalmente me stesso. In vista della meta ultima che è l’amore, non la parola
inflazionata e distorta delle ciniche pubblicità e delle telenovele che
riconglioniscono. L’Amore che è Dio (1 Gv 4,8) e che è pronto a dare la vita
perché tutti l’abbiano in abbondanza (Gv 10,10).
Daniele vive!
Ed è talmente africano che continua a
liberare…