In lingua Mbay si dicono nge ndur. Coloro che si arrangiano. Che si sbattono per qualcosa da mettere sotto i denti. Con i loro mille difetti sono i miei altari, il mio incontro con il Dio della strada. Coloro per cui vale la pena restare qui. I primi della classe di una religione universale che non ha confini, perché mette l’uomo e l’umano al centro. Chi vuole conoscere Dio qui non sbaglia.
Ve ne presento
alcuni: ma sono in tantissimi a Moissala.
Lazare
fabbrica i mattoni al fiume e ritorna la sera trascinando le gambe. Ora in
stagione delle piogge lo trovo al mercato a caricare sabbia.
Ndako lavora
il legno e non perde un colpo. Il tuo atelier è aperto da mattina a sera e con
due piccoli aiutanti prepara mobiletti, ante di armadi, porte e finestre.
Haroun ha
messo in piedi da poco un piccolo spazio dove ripara le gomme delle poche
macchine e camion che circolano. Con un piccolo gruppo elettrogeno e
compressore fa rapidamente un lavoro che prima costava la fatica indescrivibile
di pompare a mano.
Justin salda
di tutto. Lo trovi alle prime luci dell’alba al suo posto sempre col sorriso
sulle labbra. Non è attaccato ai soldi e con i suoi clienti accetta pagamenti a
rate. Uno dei pochi.
Neloumta
arriva dai campi con pomodori e insalata da vendere. Tutto il giorno al
mercato, seduta ad attendere poche monete che fanno la differenza.
Abel “Douze”
ripara le gomme delle biciclette e di tanto in tanto va a vendere frutta e
verdura in Centrafrica. SI spara 70 chilometri al giorno pedalando.
Samuel “Koss”
seduto sulla sua carrozzina da una vita vende sigarette all’angolo del mercato.
Piccoli ricavi ma indispensabili per un piatto d polenta.
Pauline
prepara la “Bili Bili”, la bevanda tradizionale a base di miglio fermentato e
passa la giornata sotto l’albero con il mestolone per servire i clienti seduti
attorno sulle panche.
Rosalie,
seduta a terra e paralizzata da una vita vende su un tavolino davanti a casa un
po’ di sale, arachidi e fagioli.
Ousmane
zoppicando vistosamente corre a destra e sinistra per riparare gruppi
elettrogeni e altri macchinari.
Jean, unico
meccanico per le macchine, malato di Aids e di alcol, è sempre disponibile per
prendere gli attrezzi del mestieri e mettersi in opera.
Inua mi
sorride sempre e mi chiama per due chiacchiere in arabo. Attende clienti
davanti al suo negozietto di apparecchi elettronici.
Mohammed con
una macchina vecchissima e devastata da chilometri, fango e polvere traghetta
la gente verso Nord.
Wakoutou e
Laurant col badile in mano costruiscono case e muri.
Luisa, Alissa
“Mbur pukete”, Jacqueline hanno le mani da contadine, con dita che sembrano
salami. A forza di usare la falce e di stracciare le erbacce.
Ognuno con la
sua storia. Durissima. Che si arrangia come può. Con quell’incontenibile e
folle voglia di andare avanti nonostante tutto.
Perché la vita
davvero vale la pena osarla!
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