martedì 12 agosto 2014

Vite da campo






 Intervista di corsa rilasciata al caro amico Maurizio Chierici del Fatto Quotidiano

Sono esattamente ad Abéché al nord-est del Ciad in zona quasi interamente musulmana, la città faro dell’Islam la chiamano o anche la porta dell’Oriente…da qui infatti passano le antiche carovane che vanno verso est per il pellegrinaggio alla Mecca…Abéché è un carrefour, uno snodo importante, terza città del Ciad con oltre 100.000 abitanti, al 97% musulmani…da qui la gente passa per andare in Sudan (Darfur) ad est, Libia al nord, Centrafrica al sud e Nigeria ad ovest.

La nostra parrocchia è vastissima, forse la più grande al mondo…con circa 25 comunità cristiane sparse nel deserto con distanze fino a 1000 Km…va dalla Libia al Centrafrica! Dopo un anno non siamo ancora riusciti a visitare tutte le comunità I campi profughi sono 10 alla frontiera con Il Darfur…sono i campi cha hanno ospitato nel 2004 i rifugiati che scappavano dalla guerra in Darfur. Io voglio interessarmi di loro, vado a trovarli, parliamo e prendimo la bevanda locale insieme…soprattutto collaboriamo con JRS, il Servizio dei Gesuiti ai Rifugiati che si occupa della scuola nei campi e animiamo e formiamo i funzionari cristiani che lavorano nei campi…diverse comunità cristiane sono sorte nel 2004 grazie all’impegno proprio della nostra gente del sud che è arrivata a dar manforte ai soccorsi…all’inizio cominciano come comunità ecumenica tra cattolici e protestanti, poi ci si divide ma si resta in ottimi rapporti…stanno migliorando anche i rapporti con i musulmani che si sono visti invadere la loro terra la “Dar al Islam” dai cristiani…all’inizio paura e rifiuto, attacco alle chiese, oggi molta più apertura, dialogo, incontro..non manco mai di visitare gli imam e i sultani quando vado in visita…una volta che ci si conosce tutto cambia…qui la relazione è al primo posto e col tempo fa cadere molte barriere…poi parlare arabo con loro cambia le cose…tratto con le autorità tradizionali, sultani, raligiose, imam e pastori e anche civili, governatori, prefetti…il nostro intento è rafforzare la conoscenza reciproca, partecipare alle feste comuni…nella recente benedizione della cappella di Guereda, il 18 maggio, alla presenza del nostro Vescovo Henry Coudray, autorità cristiane e musulmane erano presenti! Quando ci rechiamo in un posto è fondamentale salutare le autorità e non manchiamo di farlo..così si tessono rapporti che alla lunga evitano molti problemi e intoppi..se mi fermano i militari sulla strada con una chiamata al telefono sblocco subito la situazione…

I Campi hanno il nome dei villaggi più vicini che li ospitano, si chiamano Tissi, Kounoungou, Mileh…sono da circa 20000 persone tranne uno il più grande da 40.000…per un totale di oltre 250.000 persone…i rifugiati sono scappati e altri arrivano ancora dalla devastazione dei territori del Darfur..case bruciate dai Janjawid, i”diavoli a cavallo”al soldo di Al Bashir, il rais sudanese…le popolazioni del Darfur, sempre trascurate erano ribelli a Khartoum, poi con la presenza di oro e petrolio erano zone troppo strategicamente importanti e hanno cacciato un popolo dalla sua terra..ancora oggi ci sono incursioni e scontri soprattutto al sud di Nyala…è una guerra a bassa soglia, con incursioni sporadiche e non continue…oggi la gente nei campi non può tornare e si sono installati in Ciad, coltivano campi e si sono costruiti la casa alla loro maniera…il problema è che è da dieci anni che col sistema Nazioni Unite si sono abituati ad essere assistiti e sono abituati a rivendicare sempre come se si soldi piovessero dall’alto…i bambini crescono con la mentalità dell’assistito che deve essere soccorso…ormai si sono istallati anche se hanno il commercio nel sangue e ritornano in Darfur, là dove si può, di passaggio per acquistare e vendere…ma non si perdono la data mensile della repartizione del cibo, che spesso ritrovi sui mercati locali..rivendono i sacchi di miglio che l’Acnur dà loro per comprarsi cibo locale…quindi sono ancora nomadi, vanno e vengono dal confine ma nel 2015 l’Acnur si ritira, ha già cominciato, e quindi dovranno decidere se retsrae in territorio ciadiano o se rientrare…oggi non hanno scelta vista la pessaima situazione in patria.

                Nei campi si sono costruiti le case in mattoni cotti al sole, come in Darfur, anche la tecnica di costruzione è proprio quella sudanese, parlano un arabo più simile al letterario rispetto al ciadiano dialettale…il tetto è formato dai teloni dell’Acnur, i primi ripari che hanno trovato…si sono costruiti il mercato e le varie ong nazionali e straniere gestiscono le scuole,i dispensari medici e i centri per i giovani con biblioteche e aule video. Sono tanti i programmi che si sono succeduti nel tempo: ma l’abituarsi al gratuito ha reso passivi i rifugiati che sembrano non fare niente se non vedono un interesse monetario. Anche i nostri amici di JRS faticano moltissimo a fare capire che lavorano per il loro bene e interesse..insomma le contraddizioni degli aiuti!

Nelle case hanno ricostruito l’ambiente sudanese: stuoie per sedersi e mangiare, piccoli materassi per terra, una piccola capanna all’entrata per accogliere i visitatori..é là che ci accoglie Ali nel campo di Farchana, 60 Km est da Abéché…lui è il responsabile del campo e ci spiega la vita, le difficoltà e le prospettive. Non hanno altra scelta che restare e adattarsi alla vita ciadiana…anche se è dura cambiare curricula scolari. Oggi dopo dieci anni passano al sistema di stampo francese e quindi non più inglese con un educazione più laica e meno incentrata sul riferimento al Corano…alcuni non accettano e al campo di Mileh hanno fatto scioperi e barricate…ma è l’unica strada. Le scuole con grandi difficoltà comunque funzionano e garantiscono ai ragazzi un minimo di educazione e il tempo impegnato. Gli amici di JRS non perdono un attimo per foramre insegnanti ed educatori…sono molti i ragazzi che frequentano anche perché la scuola finora era gratuita…ma con la exit-strategy delle Nazioni Unite stanno cominciando a far pagare qualcosa ed ecco le prime defezioni. Immancabile è la pausa di metà mattina per il fatur, la merenda a base di miglio e riso. Gli isnegannti sono perlopiù ciadiani del sud, più istruiti dei nordisti. Lavorano sodo anche se riscontrano nei giovani sudanesi resistenze allo studio…è forte la mentalità che se non si paga non vale…quindi il tutto gratis non ha molto valore e l’istruzione di basso livello ne risente. Sono loro i fondatori delle comunità cristiane. Spesso però troppo lontani dalla cultura arabo-sudanese e così in seria  difficoltà per accompagnarli e capirli.

Le famiglie sono spesso divise con i continui viaggi di andata e ritorno dal confine…il commercio prevale sull’unità. I giovani frequentano la scuola ma le prospettive future nei campi non sono facili. Abituiati a ricevere i giovani crescono con una mentalità distorta e delle profonde ferite da rimarginare. Il Sudan non li vuole e il Ciad? Certo il Ciad li ha accolti ma sono talmente ghettizzati che mi chiedo che volontà ci sia davvero perché possano restare e integrarsi…

Nel campo hanno piccole moschee per la preghiera e tutti musulmani…mi hanno detto che ci sono dei cristiani ma talmente pochi che si nascono nella mischia..indagherò meglio. I cristiani non si sentono certi liberi nell’oceano musulmano. Non hanno anche il coraggio di uscire per andare alle celebrazioni delle vicine comunità cristiane per frequentare con i loro insegnanti, educatori,medici, infermieri…rischiano l’isolamento nel campo. A parole dicono tutti di rispettarli ma poi nei fatti succede il contrario.

Nessuno dei rifugiati, a mia conoscenza,  cerca il salto verso l’Europa…mi sembrano molto concentrati nella loro società e religione per andare a carcare avventure…e poi perché andarsene quando ti danno tutto? Restano e approfittano! Ma fino a quando? Con la chiusura dei rubinetti può darsi che qualcuno provi l’avventura nel deserto libico per arrivare in Europa. Quello che è sicuro è che la situazione nel giro di un anno si farà esplisiva e le Nazioni Unite che non hanno preparato bene e gradualmente il passaggio ne sentiranno un colpo durissimo, così come le ong e gli altri organismi.

Sarà dura ma ce la faranno e sarà meglio per tutti: i rifugiati smetteranno di essere eterne vittime e stranieri e cominceranno a rimettere la schiena dritta verso la dignità. Cittadini ciadiani? Col tempo può darsi…ma quello che importa è che possano finalmente sentirsi a casa e rimettersi a vivere una vita quasi normale, con i campi da coltivare, il commercio da alimentare, i bambini a scuola e al vita che riparte.

martedì 5 agosto 2014

Israel



              Isreal ha 14 anni ma la sua avventura è di quelle che fanno invecchiare presto! Lo troviamo a TIne alla frontiera con il Darfur a casa di papà Dombai un uomo buono, dal passo lento e zoppicante…come il Ciad. Gioca da solo con le carte giardando per terra. Chiediamo chi è e Dombai ci presenta la sua storia.

                Viveva a N’Djamena con la madre e i fratellini, quartiere Walia, quelli di periferia…quelli che in questi giorni di stagione delle piogge perdono tetti e ripari. Un giorno la madre, stretta dalla miseria, quella nera (ma perché non diciamo mai gli aspetti negativi come bianchi?) lo vende ad un commerciante di bestiame che lo porta nel deserto a nord-est. Comincia la storia di uno tra i tantissimi enfant-bouviers, i bambini –pastore. Resta dietro i cammelli e le pecore percorrendo chilometri e chilometri soffrendo fame e sete. Botte perché non sta al passo, si ribella, vuole scappare. Alcune ferite alla testa lo lasciano debole e a tratti irriconoscibile. Anche una mano penzola e non riesce a stringere. Una notte scappa e si spara quattro giorni solo nel deserto. Alcuni militari di passaggio gli passano acqua e pane ma deve andare veloce perché se i suoi aguzzini lo trovano lo fanno fuori e lo lasciano ricoprire dalla sabbia del deserto. Ci prova e stremato arriva un mattino a Tine dove chiede aiuto. Vedono che è un ragazzino del sud e lo portano da Dombai che apre la porta…lui che non fa distinzioni, lui che è responsabile e fondatore della comunità cristiana che ha sposato Allhume, donna musulmana. Israel finalmente respira, mangia, gioca con i bambini. SI riapre la speranza.

                Noi ci proponiamo di portarlo a N’Djamena dai suoi e Dombai ci tiene a pagargli il viaggio. Così Israel viene con noi in tournée nelle comunità cristiane, mangia come un lupo, si diverte. Resta ad Abéché dieci giorni, si fa amico di alcune famiglie ma ogni tanto scappa al mercato e non sappiamo bene perché…a volte sembra indomabile. Scopriamo presto che non vuole tornare dalla madre, ovvio, e vuole provare con il papà…aveva perso tutti i contatti. Dice che si trova a sud. Così lo consegniamo nelle buone mani di Djokouloum amico responsabile dalla LTDH, la Lega Ciadiani dei Diritti Umani. Lo accoglie come un figlio ma una notte gli scappa…sempre in cammino Israel! Lo cercano in capitale dappertutto e alla fine decidono di fare un comunicato radio. Lo zio sente e si presenta..sente anche Israel e si incontrano…la porta di casa si apre e il ragazzo finalmente è in famiglia…

                Storia a buon fine?

                No di certo finché c’é ancora nelle strade deserte del Ciad un solo ragazzo pastore, finché una madre disperata vende il figlio, finché un mondo di pochi ingordi si vuole prendere sempre di più della torta mondiale, finché la vita dell’uomo ha un prezzo sul mercato…

                Quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza comprare un suo fratello, senza opprimerlo, senza riconoscere in lui un oggetto da sfruttare, senza negare la scintilla di infinito che è in lui?

venerdì 1 agosto 2014

Il lievito del Vangelo...





Sono piccolo segni di un Dio che non abbandona…sale della terra dell’est del Ciad e luce di un mondo abbandonato, che non interessa quasi a nessuno…

Si chiamano:

·         Iriba, dove sabato abbiamo celebrato (con don Benoit amico e prete italiano) quattro battesimi, un matrimonio e una cresima…nella preparazione la visita al campo dei rifugiati del Darfur, l’incontro con il sultano di Dar Zagawa, la preparazione della coppia che si sposava, l’incontro con Ndiko unico medico dell’ospedale sempre così accogliente…certo affogato nell’alcool ma una certezza per la gente (i bicchieri scaravoltati sembrano qui caratterizzare particolarmente i dottori..che certo ne vedono di tutti i colori). Poi la festa con la gente, le danze…

·         Am Zoer, dove abbiamo incontrato i cristiani, cattolici e protestanti che stanno formando una nuova comunità cristiana insieme..segni di un ecumenismo già nei fatti, alla faccia dei documenti, ipotesi, dei forse sì ma….abbiamo promesso di tornare presto e di celebrare insieme. Ho proposto al pastore Osée, grande amico e fratello, di andare insieme..vedremo

·         Tiné, dove una piccola comunità cristiana resiste..da sei anni non vedevano un prete e non sembra loro vero di vederci 3 volte in 6 mesi! Vedessi la gioia, l’organizzazione…potevo solo in settimana e hanno fermato il lavoro per le celebrazioni! Poi l’accoglienza da Papà Doumbai un vecchio doganiere e fondatore della comunità cristiana..sposato con Alluhme, musulmana e con i figli liberi di seguire Gesù di Nazareh o Mohammad…è là che incontriamo Israel, bambino pastore, rapito in capitale, picchiato e torturato, venduto dalla madre (per disperazione!..che miserie..)e poi scappato dai suoi aguzzini, la notte..quattro giorni a piedi per arrivare da papà Doumbai…lo prendiamo con noi e dopo 10 giorni a casa nostra ad Abeche lo accompagnamo a N’Djamena e lo consegniamo alla LTDH, la Lega ciadiana per i diritti umani…annunciato alla radio lo zio ha sentito e si è fatto vivo per riprenderlo con sé

·         Farchana, dove una piccola-grande comunità ci fa festa..per la prima volta celebravano dei battesimi..messa di tre ore con canti e danze che non finiscono…poi tutti sotto al grande albero per mangiare assieme

·         Amloyna, dove un’altra comunità mista, cattolici e protestanti insieme, avanza. E’ domenica sera e per la messa attendiamo un po’ ma poi arrivano in 40 e celebriamo la vita

·         Kalayt, in pieno deserto dove ci recheremo questo fine settimana…sofforno terribilmente per l’acqua che non c’è e la poca che si trova è infetta. Quasi tutta la popolazione ha il tifo…stiamo studiando cosa fare per venire loro incontro

·         Fada, ancora più a nord, tra la sabbia e le rocce una bellissima cappellina accoglie una comunità di 80-100 persone che pregano e lottano…ora stiamo organizzando la Biblioteca, la più a nord del Ciad! Evangelizzazione e promozione umana ancora si prendono per mano..la Buona Notizia non ha confini e qui si sposa anche con cultura, libri, istruzione..insomma voglia di superarsi…

                Ce ne sono ancora tante altre, che lottano, resistono, amano, sperano…tutte fondate dai laici!
                Testimonianza viva di Gesù risorto nel deserto, del liveito che fermenta nella pasta, del tesoro nsacosto nel campo, di un Vangelo senza confini…