mercoledì 24 aprile 2013

Adoumgué






E’ un ragazzo di 15 anni, dal volto umile e sconsolato. Non guarda mai negli occhi e il viso si rivolge sempre a terra. Da tre anni è dentro ad Am Sinene la terribile prigione alla periferia di N’Djamena. Non sorride mai e abbiamo provato ad avvicinarlo. Il sabato viene sempre alla messa sotto il riparo costruito in paglia. Piano piano siamo riusciti a conquistare la sua fiducia e si è aperto.

Senza il padre da ormai diversi anni viene da un villaggio del sud del Ciad. Ha trovato lavoro nella capitale come garzone. Pulizie, vigilanza alla casa di alti funzionari. I quali, non volendo pagarlo, dopo sei mesi hanno pensato bene di accusarlo di furto e di cacciarlo via. Lo hanno arrestato e percosso al punto che per farli smettere ha dovuto dire che era colpevole. Ma lui, ci ha davvero confidato, non ha mai toccato nulla da quella casa.

E così, dopo la prima udienza col magistrato l’hanno letteralmente dimenticato e abbandonato. Non sa più nulla del suo destino. Nessuno viene a trovarlo perché la famiglia è a sud. Ora con un avvocato stiamo cercando di tirarlo fuori e di restituirgli dignità. Ma intanto Adoumgué è segnato e il suo sguardo perso testimonia un colpo basso difficile da digerire.

Sono tantissimi i giovani, ragazzi e ragazze, che lasciano i villaggi per cercare la sorte in capitale. Dove trovano spessissimo la beffa: violenze e stupri, stipendi da fame, solitudine. Il sogno della svolta per la loro vita si infrange ben presto. Contro interessi e poteri forti che nascondono le storie delle vittime e degli ultimi del mondo.

Ora Adoumgué è ancora là, ad Am Sinene, ma crediamo per poco. A volte basta soltanto mettere in moto l’impegno della dignità e fare pressione sulle autorità. Ci stiamo provando. Ma gli Adoumgué d’Africa e del mondo sono tantissimi e serve un impegno triplicato da parte di tutti.

Mentre qualcuno si diverte in Italia e altrove a ingarbugliare il paese e a concentrarsi sempre e soltanto sulle sue beghe altri, tantissimi, gridano dignità e libertà dalle prigioni e dagli angoli del mondo. Se alzassimo lo sguardo e aprissimo le orecchie davvero potremmo insieme ascoltare il dolore del mondo che chiede un intervento urgente.

Un altro mondo è possibile, fondato sulla giustizia e sulla verità. Tocca a noi!

venerdì 5 aprile 2013

La rivoluzione della dignità






 al Forum Sociale Mondiale di Tunisi

“Rivoluzione della dignità”: cosí la chiamano in Tunisia e cosí la gente prova a viverla e assumerla e portarla avanti. Sono tantissimi giovani che si affacciano per la prima volta al mondo con la voglia matta di scoprire e cambiare l’umanità. “In quarant’anni che sono in Tunisia non ho mai visto cosí tanti giovani appassionarsi al destino del paese, a darsi da fare e impegnarsi per la giustizia, per i diritti umani e per un mondo migliore possibile” mi confida Suor Helene, piccola sorella di Charles de Foucauld.

E’ un momento storico con le donne che gridano all’inizio del World Social Forum il dolore dei figli martiri che hanno dato la vita per vedere la luce di un avvenire diverso. Donne intrepide che sono disposte a tutto per non lasciarsi rubare la rivoluzione. “Vogliono farci credere che la rivoluzione é finita” e invece la lotta continua...perché quello che é cambiato é “soltanto” la possibilità di esprimersi, la libertà di organizzarsi, protestare e collaborare alla trasformazione del paese. Non é poco! Anzi sono gli albori di una nuova era...ma la disoccupazione, i prezzi delle materie prime alle stelle e la miseria delle periferie e del nord del paese tengono ancora in scacco la Tunisia.

L’islam si mette in dialogo e vuole aprire strade nuove insieme ai cristiani e a tutti coloro che credono in un altro mondo possibile. Hassan prende la parola nel corso di una riunione del Forum e grida: “Continuiamo a costruire moschee...dobbiamo invece costruire il paese e essere al fianco di tutti gli impoveriti della terra. Questa é la nostra grande sfida comune che richiede una risposta collettiva”. Gli stand pullulano di giovani e associazioni che vogliono costruire democrazia. Dora che incontro sull’autobus mi confida: “Stiamo imparando la democrazia, serva tempo, ma stiamo cambiando la nostra storia. Sono fiduciosa”... e cosí tantissimi altri.

La parola che più ritorna nelle strade e nel campus universitario di Tunisi, che ospita il Forum, é solidarietà. Con un popolo che spera e si impegna per il suo nuovo destino. E noi, da ogni parte del mondo per esserci, al fianco a dare coraggio, a sostenere, fare il tifo. Cosí la “rivoluzione della dignità” prende altri spessori e orizzonti. Che fanno gridare i giovani algerini per denunciare il loro governo che ha bloccato 300 persone dirette al WSF. Che mettono in moto le speranze degli egiziani che hanno preso spunto dalla rivoluzione tunisina per seguirne le orme. Che entusiasma i latinoamericani carichi delle novità di nuovi esperimenti politici ed economici. Che fanno marciare speranze e sogni di gruppi, movimenti, associazioni che vogliono urgentemente un altro mondo quanto mai necessario. E che si mettono insieme. Per contagiare e trasformare il mondo.

giovedì 4 aprile 2013

Primavera di dialogo



 

 

 Verso la Dignità della famiglia umana


Ospite di un popolo che sta rinascendo, la famiglia comboniana riunita al Forum Sociale Mondiale ha respirato la primavera araba e la forza dei sogni della gente.
A Tunisi si risvegliano la dignità e lo spirito critico delle donne, le potenzialità dei giovani, il loro desiderio di aprirsi al mondo. Questa sete di liberazione, di una religione dal volto umano, è propria della Pasqua che abbiamo celebrato nei giorni del Forum.
La settimana santa ha dato un sapore speciale alla sete di giustizia e di pace, condivisa con molti popoli e movimenti sociali. D’altro canto, le sfide mondiali hanno illuminato in maniera nuova, per noi, il mistero della Pasqua celebrata con la piccola Chiesa locale.
Abbiamo vissuto giorni di rispettoso e attento ascolto del mondo islamico, provocati dalla dimensione interculturale che è propria di questi incontri della società civile mondiale.
Per la prima volta, non siamo stati presenti al Forum solo come ascoltatori, ma proponendoci come Missionarie e Missionari Comboniani, con le nostre attività, esperienze e messaggio.
Ci siamo sentiti al posto giusto: in dialogo con tante persone in ricerca, assieme ad altre consorelle e confratelli che camminano nella stessa direzione, animatori missionari immersi e sfidati dal pluralismo di idee e movimenti.
Voce dei nostri popoli, dando ragione della nostra speranza con la coerenza di chi vive a fianco della gente, siamo stati tra i pochi testimoni diretti, al Forum, dei drammi di vari paesi in conflitto dell’Africa subsahariana e del mondo arabo.
Abbiamo percepito la ricchezza dell’impegno della Chiesa nei molti ambiti di GPIC che anche noi seguiamo. Ci siamo sentiti confermati, anche nella gioia di scoprire in altri la stessa metodologia del Comboni: “Salvare l’Africa con l’Africa”.
Abbiamo costruito insieme, missionarie e missionari, un Forum comboniano a fianco degli eventi del Forum Sociale Mondiale. Questo cammino ci arricchisce e ci fa bene, è occasione irripetibile di formazione permanente e ci fa credere che un mondo migliore è possibile.

Areopago di evangelizzazione
Siamo uomini e donne della strada e del Vangelo. Abbiamo una grande ricchezza, l’esperienza di vita missionaria da condividere.
Ma dobbiamo sistematizzarla, ricomporne i frammenti, esplicitarla, riflettervi più profondamente. Ci interroghiamo su quale debba essere la missione oggi, sapendo che spetta anche a noi proporre una teologia e spiritualitá incarnata, alimentata dall’ascolto biblico, in cammino con il Cristo vero liberatore della storia, recuperando la mistica dei popoli cui apparteniamo e che serviamo, in dialogo con il patrimonio spirituale delle popolazioni native e delle grandi tradizioni religiose del mondo.
La forza della nostra fede e identità sta nell’inclusione e nell’ascolto, più che nella definizione di confini e differenze. Accogliamo la sfida di aprirci al mondo e di combattere ogni tipo di pregiudizio.
Impegnarci assieme come famiglia comboniana non è l’obiettivo, ma la condizione iniziale e necessaria per essere missionari oggi.
Percepiamo che ci dovrebbe essere più spazio per i laici missionari e per la gente con cui viviamo e lavoriamo, in reti sempre più ricche e competenti per le sfide complesse di oggi: il protagonismo è loro, e noi con loro siamo sale e lievito nell’impastare una nuova storia, pietre nascoste come insegna Comboni.

Continuando il cammino
Rileggendo le esperienze missionarie e pastorali, ci ritroviamo in estrema sintonia su alcuni percorsi che aggregano le nostre attività locali e provinciali. Rinnoviamo il nostro impegno a servizio di tre priorità comuni:
·         il traffico di persone e la mobilità umana
·         la cura del Creato, specialmente contro l’accaparramento di terra ed il saccheggio dei beni comuni
·         il dialogo interreligioso e interculturale
In questi ambiti aggregatori delle nostre opzioni per GPIC, molti di noi stanno già costruendo inter-relazione tra provincie e collaborazione tra i due Istituti. Non possiamo avere la pretesa di fare tutto e di sapere di tutto, occorre qualificarci e specializzarci sui temi che sentiamo più urgenti e in sintonia con il nostro carisma missionario.
Rinnoviamo, così, la metodologia di articolazione tematica tra comunità e province che si sentono sfidate da situazioni simili, come già avviene, per esempio, nel caso del gruppo di lavoro sui pastoralisti in East Africa, o dell’impegno comune in Brasile, Mozambico e Perù sugli impatti della minerazione.
Ripartiamo da Tunisi con la Pasqua dei popoli nel cuore, con la gioia di condividere con le nostre comunità e province quel che abbiamo visto e udito.
Sentiamo chiaramente che l’incontro comboniano durante il Forum Sociale Mondiale è opportunità in cui i missionari possono essere evangelizzati ed evangelizzare.
Come famiglia comboniana, sentiamo il bisogno che si mantenga un gruppo di riferimento permanente, a garanzia e facilitazione della continuità di questo processo.
Pregando sulla tomba dei primi martiri cristiani di queste terre, abbiamo rinnovato con loro il coraggio di vivere fino in fondo la nostra fede e di dare la nostra vita senza misura, perché tutti abbiano vita in pienezza.