mercoledì 17 dicembre 2014

La Parola cerca un varco


 “La Parola si fece carne
e venne a mettere la sua tenda in mezzo a noi”

(Gv 1,14)

“La nostra sola ambizione missionaria in un paese musulmano, come in tutti gli altri paesi è di tessere con un popolo dei legami tali che Dio possa quando vuole e come vuole, far passare il suo Spirito”

Pierre Claverie, vescovo di Orano, ucciso il 1 Agosto 1996

       Abdoulaye è un giovane meccanico camerunese musulmano fuggito dalla guerra del Centrafrica. Terrorizzato dalla furia vendicatrice dei presunti cristiani trova rifugio al nord del Ciad a casa di Abel. Lo incontro al nostro arrivo nella comunità di Kalayt. Mi accoglie con un gran sorriso e si dice felice di aver trovato una casa. Abel è un cristiano impegnato della comunità cristiana di Kalayt e ha aperto la sua porta…ma allora non tutti i cristiani lo vogliono far fuori…forse che non tutti i cristiani sono uguali?…ci sono quelli che servono il Vangelo e altri che se ne servono…come non tutti i musulmani sono gli stessi…chi serve Dio (come il nome Aboulaye suggerisce) e chi si serve di Dio per fare altro…”Questo non è Islam !” hanno gridato tanti imam nigeriani contro Boko Haram e il terrore che imperversa in Nigeria…mi viene da rispondere che “Questo non è cristianesimo !” contro le guerre dei potenti della terra dalle impensabili radici cristiane (ma quali??) in Libia, Irak, Siria…Abdoulaye ripara la nostra macchina e lavora la notte..gli tengo la torcia per vedere dove mettere mani e bulloni mentre il freddo del deserto comincia a pungere. Lavora per tre ore e alla fine non vuole niente…insisto e gli infilo nella camicia un biglietto. Lo affido al Dio che cerca di mettere la sua tenda…non perché diventi cristiano ma perché continui ad essere il buon musulmano che ho incontrato.

         Nel frattempo a Kalayt anche i musulmani cercano le nostre agende biblico-liturgiche del 2015…cosa se ne faranno? Lo Spirito cerca un varco…per un dialogo possibile al quotidiano. Quello dell’amicizia con l’imam Adoum Moussa che viene alla nostra celebrazione di Tine, assiste a tutta la messa e dopo la mia omelia mi mette in piedi e chiede la parola..gli dico di attendere un attimo…poi mi pento perché al momento della consacrazione si alza ( e penso che voglia venire a consacrare con me…pretendo troppo??) e se ne va…penso che se la sia presa…invece esce perché sente la voce del muezzin che invita alla preghiera…bello no? Noi con l’Eucarestia e lui a fianco pregando verso la Mecca…altro che dialogo interreligioso…poi rientra e quando gli diamo la parola dice che è veramente contento di aver ascoltato la mia omelia.. aggiunge altre parole..di pace, di dialogo, di accoglienza, di ascolto…la Parola cerca un varco. Alla fine della Messa mangiamo insieme dall’unico piattone il kissar (piatto tipico arabo) con carne di agnello. Ride dicendo che coloro che non vogliono mangiare con i cristiani non hanno capito nulla dell’Islam. Poi mi invita a conoscere la sua scuola coranica dove i giovani ragazzi recitano a memoria il Corano senza interruzioni. Prendiamo un the insieme e insiste perché mi fermi a dormire da lui…la “sua tenda” in mezzo a noi. 

       Hissen, giovane musulmano scappato dalla Nigeria e dal terrore di Boko Haram (il movimento terrorista che imperversa nel paese vicino) arriva a Fada al nord del Ciad, nel deserto, e trova rifugio presso la nostra comunità cristiana..strano no? In mezzo a tutti i musulmani trova riparo dai cristiani…che Dio si stia burlando di noi? Ma quale Dio? Quello del Gesù in croce dei cristiani o quello dell’Issa dei musulmani che non muore in croce? Hissen partecipa agli incontri della comunità, viene alla Messa senza che nessuno lo abbia invitato a fare un passo che per l’Islam non è previsto…ma lui viene e nessuno gli chiude la porta…lo Spirito sorprende e vuol passare…

         Chouloupi amico e falegname musulmano l’anno scorso mi ha chiamato per gli auguri di Natale. Lo farà ancora quest’anno? Nel frattempo ci ha prestato la sua saldatrice per i lavori del capannone per quattro mesi e non ha voluto una lira…anche questo è dialogo al quotidiano. Come quello con Ousmane, giovane musulmano che coordina il nostro centro culturale Foyer del Jeunes…agli inizi dei nostri incontri sempre facciamo un momento di silenzio nel quale ognuno prega il suo Dio…rispetto e preghiera simultanea attorno allo stesso tavolo…quello della mensa del Regno dove un giorno ci trovremo tutti assieme a festeggiare..”molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli” (Mt 8,11)

         Ramadam nostro vicino cuoce la carne fino a sera e a volte mi fermo da lui per gustare il “laham” la carne di agnello…ora siamo amici e quando mi vede passare mi invita e mi offre gratis..così fa anche Adoum che vende il the sulla strada a due passi da casa…mi siedo parlo con lui e con la gente e sempre vogliono offrirmi. Ormai siamo amici e l’amicizia sorpassa tutto. Lo avevo capito anni fa sulle Ande peruviane e oggi trovo conferma ad altre latitudini: l’evangelizzazione comincia e passa dall’amicizia…dalla relazione diretta con le persone…da rispettare e amare per quello che sono…musulmane o cristiane, della religione tradizionale, di qualunque etnia…l’amicizia che sorprende, coinvolge, rispetta, accoglie, apre un varco…

         Il sabato prima di Natale la nostra cellula Caritas prenderà in esame alcuni progetti di sviluppo: un associazione di donne musulmane con handicap e un'altra di vedove musulmane. Cercano attività generatrici di reddito per sfamare i loro bambini…con Souade e Hajje, le due predidenti, siamo diventati amici: ho visitato le loro case e abbiamo mangiato insieme…un altro progetto riguarda l’alfabetizzazione dei bambini di strada costretti all’elemosina dai loro marabouts (maestri del Corano)…vedremo ma intanto lo Spirito cerca un varco…

         Mentre scrivo sento sullo sfondo i canti dei bambini della nostra scuola che preparano la festa del Natale…sono cristiani e musulmani insieme che crescono sui banchi, uno accanto all’altro…non fanno storie se si tratta di preparare la festa di un'altra religione…festa imposta? No! La scuola è cattolica e propone questa iniziativa..chi non vuole è libero di rinunciare…ma famiglie e bamabini qui non vogliono perdersi l’avvenimento…

         Così mentre il mondo si polarizza tra presunto islam e occidente malauguratamente etichettato “cristiano” (ma sarebbe molto meglio dire tra interessi geopolitici diversi) qui al nord-est del Ciad stiamo provando a tessere legami con il popolo perché Dio passa passare con il suo Spirito che soffia come e dove vuole…senza controlli, etichette, lasciapassare, passaporto o carte di battesimo… qui al nord-est del Ciad con tutti i nostri problemi e contraddizioni (ce ne sono tantissimi! Se solo cominciassi…ma voglio vedere e provare speranza) la Parola prova a mettere la sua tenda in mezzo a noi…e allora sarà Natale ancora, quello essenziale…quello senza il quale il sale perde il sapore, senza il quale essere cristiani sulla carta o per abitudine o per tradizione non serve più a nulla:

Voi siete il sale della terra ; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente” (Mt 5,13)

Che la Parola trovi un varco in te…
per un Natale essenziale
Tuo amico e fratello nel cammino

Filo

lunedì 17 novembre 2014

Francis




Lo incontro a inizio giugno nel cortile della nostra missione. Addosso una maglietta, un paio di pantaloni e ciabatte infradito. Una sportina di plastica in mano per mettere i pochi abiti che ha con sé. Si presenta: viene dalla Liberia ed è un profugo di guerra rifugiato in Costa d’Avorio. Credergli al volo? Perché no?

                Chiede lavoro e non soldi. Gli chiedo allora di pulire un po’ il cortile e si mette in moto con molto amore e pazienza. Fa un lavoro impeccabile e ringrazia per quello che gli do senza contrattare. Gli chiedo allora di tornare il giorno dopo e alle 5 del mattino si ripresenta. Pulisce altri locali e poco alla volta si conquista la fiducia e l’affetto di tutti. Lavora con noi per 6 mesi e diventa un pilastro insostituibile nella costruzione dell’hangar, il capannone all’aperto per le celebrazioni, teatro, concerti. E’ il primo che arriva al mattino e l’ultimo ad andarsene…fa colazione con un pezzo di pane e non fa mai una pausa…non perde tempo e siamo noi ad invitarlo a riposarsi e a riprendere le forze. Un giorno viene al lavoro con la febbre a 38! Un colpo di malaria che lo stende. Ma lui vuole continuare a lavorare. Devo impormi per mandarlo a casa e per curarsi.

                Quando lo pago alla fine della settimana ringrazia tantissimo e mi dice sempre “Il Signore ti benedica”. Di solito viene alla messa la domenica. Ma a volte la stanchezza della settimana prevale. Diventiamo amici e quando il lavoro finisce sto male all’idea di lasciarlo andare senza niente. Gli cerco un altro lavoro con degli amici ma lui vuole rientrare al paese…ora ha messo via i soldi per il viaggio e prova l’avventura del ritorno passando dal Niger e dal Burkina Faso. Quando gli do gi ultimi soldi e un nostro regalo per il viaggio mi dice: “Grazie padre, mi hai salvato”…in cuor mio dico a Dio “sei tu che salvi”.

                Provo a spiegargli che ci sono troppi rischi a tornare in Liberia per via dell’Ebola…ma la voglia di rivedere la sua famiglia è più forte di tutto! Lo mettiamo sulla macchina del Vescovo, in visita da noi in quei giorni, fino a Mongo, a metà strada tra Abéché e N’Djamena. Il primo tratto del lungo viaggio è gratis..ma il lungo che resta?

                Ci abbracciamo e lo affido al Dio della Vita. Ciao Francis, uomo buono e vero…ci incontreremo ancora un giorno…inshallah

domenica 5 ottobre 2014

Missione é...andare e contemplare




All'inizio dell'ottobre missionario per condividere passione e missione...

Mc 6, 38
Andate…

Sono appena rientrato con Idriss e Bernard due seminaristi e Christian, segretario della comunità cristiana da un viaggio incredibile nel deserto…siamo stati in visita alle comunità di Tine, alla frontiera con il Darfur, e Am Djarass…

Contemplate…
Basta partire e provare a lasciarsi immergere nelle meraviglie di Dio..comunità vivacissime che resitono nell’oceano musulmano…ma i rapporti sono buoni tanto che l’imam Ahmat ci accoglie sulla stuoia per parlare e raccontarci la vita nel deserto…tanto che Tine l’imam delal grande moschea viene alla nostra festa delle cresime (qui le facciamo noi, date le distanze il vescovo non può arrivare)..é rimasto alla messa tutto il tempo e al momento della consacrazione lo vedo salire sull’altare..mi son detto..questo vuole consacrare con me..bello il dialogo ma non è troppo? Invece lui con calma va verso la porta, esce, stende la stuoia e prega in comunione con la sua gente, poi rientra…al termine della mia omelia vuole intervenire e gli chiedo di attendere un attimo..parla alla fine e strappa applausi! Bello che un imam, certo uno aperto e sensato, parli in Chiesa! Non te l’aspetti di questi tempi..e allora contempli la missione…mi invita a casa sua, mi mostra i suoi libri sull’Islam, vuole che dormi là con lui…contemplare

Intanto a Am Djarass Felix e Chantal si uniscono in matrimonio davanti ai loro figli…che festa! Lacomunità porta in dono uova, maionese, sapone, sardine in scatola, una sedia..sì, una donna ci ha regalato una sedia!…contemplare…sulla strada ci siamo arenati nel fango, residuo della stagione delle piogge….Adoum scende dal camion e ci tira con la corda per uscire…provo a dargli qualcosa per ringraziarlo e rifiuta…lui “il buon musulmano”…dal sud al nord del Ciad chi ci tira fuori dai pasticci sulla strada sono sempre i musulmani..sarà un caso? Credo più alla Provvidenza che accompagna, sostiene..contemplare

Nel frattempo il volto di Isaac (il nome è cambiato per questioni di sicurezza, siamo sulle tracce di un giro di rapitori) sorride..finalmente! dopo un anno di terrore nelle mani dei suoi aguzzini che lo hanno rapito a N’Djamena per portarlo a seguire i cammelli nel deserto..senza essere pagato, sfruttato e abbandonato..minacciato di morte…scappa e arriva alal casa del buon papà Dombai fondatore della comunità cristiana di Tine..lui che ha sposato Alluhme, donna musulmana che ci accoglie sempre a casa con un buon piatto di riso e carne…contemplare. Moise è rientrato con noi ad Abéché e grazie agli amici della Lega Ciadiana dei Diritti Umani lo abbiamo messo su un autobus con altri giovani per tornare alla famiglia..Dio non abbandona…contemplare. Già il piccolo Israel e adesso Isaac…basta per mettere in piedi un Comitato Giustizia e Pace che segua questi casi…ci stiamo lavorando!

Rientriamo a casa e ci tuffiamo nell’Assemblea Generale della nostra comunità cristiana con i delegati di tutte le comunità..un evento importante per la nostra vita! E troviamo nel ritiro di inizio lavori il testo della moltiplicazione dei pani e pesci: Andate e vedete! Partite, Uscite come dice papa Francesco, la Chiesa in uscita…e vedete, guardate, contemplate..Dio che cammina, che suda, che danza, che mangia con noi, che si fa vicino..pane spezzato, da mangiare, gustare, contemplare…

lunedì 15 settembre 2014

Tasselli del Volto






 Fermarsi, guardare il cielo la sera anche se le zanzare morsicano i piedi…e ascoltare la Parola che appassiona il cuore in terra musulmana….silenzio e incontro con Lui per due settimanea Oum Hadjer, la “mamma della pietra” sulla strada verso Abéché…

                A orari regolari le donne della comunità cristiana mi portano da mangiare e da bere…la sera un secchio con l’acqua per lavarmi..e così tornare all’essenziale..a Lui che ha messo dentro il fuoco della sua Parola..come dice il profeta Geremia (Ger 23,29). Appassionato mi rileggo i brani della prima alleanza e ci rivedo tanto della nostra società e tanto dell’Islam…quel Dio che se meriti ti dà, e se fai il male ti toglie…ma poi il nuovo soffio del Vangelo dove meriti o no il vero volto di Dio è Gesù di Nazaret, Figlio dell’uomo, cioè uomo completo, realizzato, uomo che ha imparato finalmente ad amare…e noi quando? La sera prima di dormire mi rileggo quel capolavoro di Giovanni Vannucci “Cristo e la libertà”…noi siamo solo un tassello incompleto del volto di Cristo e siamo chiamato a ricostruirlo qui sulla terra…dentro abbiamo un soffio di eterno e di infinito che ci fa vibrare dentro…bello eh? Se fossimo tutti un po’ più coscienti che siamo chiamati ad eternità…all’infinito..il progetto di Dio che diventiamo come Lui...

                Tutto attorno i canti dei muezzin e i miei vicini con la loro famiglia: Kojo e Bobjo con le loro splendide figliole. La notte sotto la zanzariera provo a dormire in una vecchia stanza…il caldo a volte è insopportabile annuncia la pioggia…quando arriva batte sulle lamiere e sembra che sia sventrando la stanza. Poi torna il fresco e si respira…

                Al mattino eucarestia con la gente alle 6 e poi ascolto, riposo, calma e tanta tanta Parola di Dio che più ti addentri  più ne senti il gusto…la vita sembra prendere più sapore..è come entrare più nel cuore, nella prospettiva, nei sogni di Dio….

Verso sera una passeggiata per bere acqua, sgranchire le gambe…un giorno due amici musulmani sulla strada mi invitano a prendere un the con loro…non li avevo mai visti…mi siedo, assaporo, gusto, parliamo in arabo….non è questo l’incontro con l’Islam che non si conoscerà nel mondo intero? Non è questa forse la risposta alle barbarie che arrivano da est?

Io credo un po’ di più che Dio ha anche il loro volto e dobbiamo ricostruire l’insieme e per farlo dobbiamo farlo insieme…

Al ritorno ad Abeche incontro un amico imam che mi insegnerà l’arabo letterario e …domani si comincia. Comincia un nuovo mondo di relazioni nuove...  di donne e uomini nuovi…

Aprirò nel deserto una strada…non ve ne accorgete? (Is 43,19)

martedì 12 agosto 2014

Vite da campo






 Intervista di corsa rilasciata al caro amico Maurizio Chierici del Fatto Quotidiano

Sono esattamente ad Abéché al nord-est del Ciad in zona quasi interamente musulmana, la città faro dell’Islam la chiamano o anche la porta dell’Oriente…da qui infatti passano le antiche carovane che vanno verso est per il pellegrinaggio alla Mecca…Abéché è un carrefour, uno snodo importante, terza città del Ciad con oltre 100.000 abitanti, al 97% musulmani…da qui la gente passa per andare in Sudan (Darfur) ad est, Libia al nord, Centrafrica al sud e Nigeria ad ovest.

La nostra parrocchia è vastissima, forse la più grande al mondo…con circa 25 comunità cristiane sparse nel deserto con distanze fino a 1000 Km…va dalla Libia al Centrafrica! Dopo un anno non siamo ancora riusciti a visitare tutte le comunità I campi profughi sono 10 alla frontiera con Il Darfur…sono i campi cha hanno ospitato nel 2004 i rifugiati che scappavano dalla guerra in Darfur. Io voglio interessarmi di loro, vado a trovarli, parliamo e prendimo la bevanda locale insieme…soprattutto collaboriamo con JRS, il Servizio dei Gesuiti ai Rifugiati che si occupa della scuola nei campi e animiamo e formiamo i funzionari cristiani che lavorano nei campi…diverse comunità cristiane sono sorte nel 2004 grazie all’impegno proprio della nostra gente del sud che è arrivata a dar manforte ai soccorsi…all’inizio cominciano come comunità ecumenica tra cattolici e protestanti, poi ci si divide ma si resta in ottimi rapporti…stanno migliorando anche i rapporti con i musulmani che si sono visti invadere la loro terra la “Dar al Islam” dai cristiani…all’inizio paura e rifiuto, attacco alle chiese, oggi molta più apertura, dialogo, incontro..non manco mai di visitare gli imam e i sultani quando vado in visita…una volta che ci si conosce tutto cambia…qui la relazione è al primo posto e col tempo fa cadere molte barriere…poi parlare arabo con loro cambia le cose…tratto con le autorità tradizionali, sultani, raligiose, imam e pastori e anche civili, governatori, prefetti…il nostro intento è rafforzare la conoscenza reciproca, partecipare alle feste comuni…nella recente benedizione della cappella di Guereda, il 18 maggio, alla presenza del nostro Vescovo Henry Coudray, autorità cristiane e musulmane erano presenti! Quando ci rechiamo in un posto è fondamentale salutare le autorità e non manchiamo di farlo..così si tessono rapporti che alla lunga evitano molti problemi e intoppi..se mi fermano i militari sulla strada con una chiamata al telefono sblocco subito la situazione…

I Campi hanno il nome dei villaggi più vicini che li ospitano, si chiamano Tissi, Kounoungou, Mileh…sono da circa 20000 persone tranne uno il più grande da 40.000…per un totale di oltre 250.000 persone…i rifugiati sono scappati e altri arrivano ancora dalla devastazione dei territori del Darfur..case bruciate dai Janjawid, i”diavoli a cavallo”al soldo di Al Bashir, il rais sudanese…le popolazioni del Darfur, sempre trascurate erano ribelli a Khartoum, poi con la presenza di oro e petrolio erano zone troppo strategicamente importanti e hanno cacciato un popolo dalla sua terra..ancora oggi ci sono incursioni e scontri soprattutto al sud di Nyala…è una guerra a bassa soglia, con incursioni sporadiche e non continue…oggi la gente nei campi non può tornare e si sono installati in Ciad, coltivano campi e si sono costruiti la casa alla loro maniera…il problema è che è da dieci anni che col sistema Nazioni Unite si sono abituati ad essere assistiti e sono abituati a rivendicare sempre come se si soldi piovessero dall’alto…i bambini crescono con la mentalità dell’assistito che deve essere soccorso…ormai si sono istallati anche se hanno il commercio nel sangue e ritornano in Darfur, là dove si può, di passaggio per acquistare e vendere…ma non si perdono la data mensile della repartizione del cibo, che spesso ritrovi sui mercati locali..rivendono i sacchi di miglio che l’Acnur dà loro per comprarsi cibo locale…quindi sono ancora nomadi, vanno e vengono dal confine ma nel 2015 l’Acnur si ritira, ha già cominciato, e quindi dovranno decidere se retsrae in territorio ciadiano o se rientrare…oggi non hanno scelta vista la pessaima situazione in patria.

                Nei campi si sono costruiti le case in mattoni cotti al sole, come in Darfur, anche la tecnica di costruzione è proprio quella sudanese, parlano un arabo più simile al letterario rispetto al ciadiano dialettale…il tetto è formato dai teloni dell’Acnur, i primi ripari che hanno trovato…si sono costruiti il mercato e le varie ong nazionali e straniere gestiscono le scuole,i dispensari medici e i centri per i giovani con biblioteche e aule video. Sono tanti i programmi che si sono succeduti nel tempo: ma l’abituarsi al gratuito ha reso passivi i rifugiati che sembrano non fare niente se non vedono un interesse monetario. Anche i nostri amici di JRS faticano moltissimo a fare capire che lavorano per il loro bene e interesse..insomma le contraddizioni degli aiuti!

Nelle case hanno ricostruito l’ambiente sudanese: stuoie per sedersi e mangiare, piccoli materassi per terra, una piccola capanna all’entrata per accogliere i visitatori..é là che ci accoglie Ali nel campo di Farchana, 60 Km est da Abéché…lui è il responsabile del campo e ci spiega la vita, le difficoltà e le prospettive. Non hanno altra scelta che restare e adattarsi alla vita ciadiana…anche se è dura cambiare curricula scolari. Oggi dopo dieci anni passano al sistema di stampo francese e quindi non più inglese con un educazione più laica e meno incentrata sul riferimento al Corano…alcuni non accettano e al campo di Mileh hanno fatto scioperi e barricate…ma è l’unica strada. Le scuole con grandi difficoltà comunque funzionano e garantiscono ai ragazzi un minimo di educazione e il tempo impegnato. Gli amici di JRS non perdono un attimo per foramre insegnanti ed educatori…sono molti i ragazzi che frequentano anche perché la scuola finora era gratuita…ma con la exit-strategy delle Nazioni Unite stanno cominciando a far pagare qualcosa ed ecco le prime defezioni. Immancabile è la pausa di metà mattina per il fatur, la merenda a base di miglio e riso. Gli isnegannti sono perlopiù ciadiani del sud, più istruiti dei nordisti. Lavorano sodo anche se riscontrano nei giovani sudanesi resistenze allo studio…è forte la mentalità che se non si paga non vale…quindi il tutto gratis non ha molto valore e l’istruzione di basso livello ne risente. Sono loro i fondatori delle comunità cristiane. Spesso però troppo lontani dalla cultura arabo-sudanese e così in seria  difficoltà per accompagnarli e capirli.

Le famiglie sono spesso divise con i continui viaggi di andata e ritorno dal confine…il commercio prevale sull’unità. I giovani frequentano la scuola ma le prospettive future nei campi non sono facili. Abituiati a ricevere i giovani crescono con una mentalità distorta e delle profonde ferite da rimarginare. Il Sudan non li vuole e il Ciad? Certo il Ciad li ha accolti ma sono talmente ghettizzati che mi chiedo che volontà ci sia davvero perché possano restare e integrarsi…

Nel campo hanno piccole moschee per la preghiera e tutti musulmani…mi hanno detto che ci sono dei cristiani ma talmente pochi che si nascono nella mischia..indagherò meglio. I cristiani non si sentono certi liberi nell’oceano musulmano. Non hanno anche il coraggio di uscire per andare alle celebrazioni delle vicine comunità cristiane per frequentare con i loro insegnanti, educatori,medici, infermieri…rischiano l’isolamento nel campo. A parole dicono tutti di rispettarli ma poi nei fatti succede il contrario.

Nessuno dei rifugiati, a mia conoscenza,  cerca il salto verso l’Europa…mi sembrano molto concentrati nella loro società e religione per andare a carcare avventure…e poi perché andarsene quando ti danno tutto? Restano e approfittano! Ma fino a quando? Con la chiusura dei rubinetti può darsi che qualcuno provi l’avventura nel deserto libico per arrivare in Europa. Quello che è sicuro è che la situazione nel giro di un anno si farà esplisiva e le Nazioni Unite che non hanno preparato bene e gradualmente il passaggio ne sentiranno un colpo durissimo, così come le ong e gli altri organismi.

Sarà dura ma ce la faranno e sarà meglio per tutti: i rifugiati smetteranno di essere eterne vittime e stranieri e cominceranno a rimettere la schiena dritta verso la dignità. Cittadini ciadiani? Col tempo può darsi…ma quello che importa è che possano finalmente sentirsi a casa e rimettersi a vivere una vita quasi normale, con i campi da coltivare, il commercio da alimentare, i bambini a scuola e al vita che riparte.