Per un Avvento di Pace e Fratellanza Universale
C’è euforia al Foyer dei giovani
di Abéché! Più di trecento giovani affollano il centro culturale della missione
cattolica per vivere insieme la giornata della coabitazione pacifica! Sullo
sfondo le notizie dalla radio che al lago Ciad ancora Boko Haram, il gruppo
affiliato allo Stato Islamico, attacca villaggi e fa stragi di innocenti…ma qui
ad Abéché la resistenza di un popolo che ancora prova a credere nella pace…con
ostinata speranza…quella di un nuovo cielo e una nuova terra…
Il
28 novembre è festa in tutto il Ciad! Si
fa memoria della proclamazione della Repubblica…ancora lontana dall’essere la
casa comune dei ciadiani…ma almeno in cammino. Dopo trent’anni di guerre che
hanno dissanguato il paese e tolto il fiato alla popolazione il popolo ciadiano
prova a rimettersi in piedi. Parola d’ordine: oabitazione Pacifica…tra tutte le
etnie e culture, tra le religioni…cristiani e musulmani che si mettono insieme
per vivere un momento unico di festa, di canto, di riflessione, di preghiera
insieme,,,versetti del Corano si intercalano a versetti biblici! Applausi a non
finire…pelle d’oca per una speranza oltre confini! Si comincia con le corali
della comunità cristiana per continuare con canti in arabo che toccano cuori e
sguardi di pace…l’inno nazionale ciadiano cantato da tutti in piedi…le parole
di benvenuto dei responsabili della comunità cristiana di Abéché e del Comitato
Giustizia e Pace & Dialogo interreligioso che ha organizzato l’evento….per
la prima volta nella storia di Abéché.
Facciamo
memoria della storia della nostra città per capire radici e tradizioni…Mohammad
Salaeh Jacob, vice rettore della nostra Università Adam Barka di Abéché, apre
le danze con un intervento magistrale che fa capire da dove veniamo…terra dell’islam
che si apre poco a poco all’incontro con le culture del sud e del cristianesimo
passando per la crudeltà del tempo del colonialismo che ha lasciato ferite
aperte…poi tante domande intervallate dai gruppi teatrali di giovani cristiani
e musulmani che attraverso gesti, parole e situazioni rocambolesche di vita tra
diverse etnie e religioni lanciano il messaggio dell’unità nella diversità.
Quindi
l’intervento di Abdelkerim, segretario del Consiglio Superiore degli Affari
Islamici, che invita tutti i giovani ad aprire gli occhi e cuori per conoscere
davvero il Corano e la Bibbia e partire dai fondamenti e dell’essenza delle
religioni: il rispetto per l’altro, l’accoglienza, l’attenzione ai più poveri. “Siamo
dello stesso sangue e non possiamo farci del male gli uni gli altri” grida dal
palco. “In te vedo me e in me vedo te” dice ai giovani cristiani…lui uomo
musulmano formato da suor Nadia ai tempi del liceo Franco-Arab…in 30 anni che
la conosce lei non gli hai chiesto di diventare cristiano e lui mai ha provato
a convertirla all’Islam…non è forse la libertà di coscienza a cui la Chiesa è arrivato
solo con il Concilio Vaticano II. Non è forse questo il mondo che sogniamo?
Ognuno risponde davanti a Dio e al santuario della sua coscienza…
“Non
è questo il cielo nuovo e la terra nuova che coltiviamo nel più profondo del
cuore?” grida padre Filo dal palco per il messaggio dei cristiani sulla
coabitazione pacifica. “Dio sogna una città diversa, costruita da lui come
regalo per l’uomo…città dove non ci saranno più conflitti, più sangue e più la
morte…la Gerusalemme celeste di cui parla l’Apocalisse al capitolo 21 (Ap
21,1-8). Dio aveva provato a lasciare che gli uomini costruissero la loro città
fin dagli unizi…ma quel tentativo è andato male. I suoi figli invece di
costruire in orizzontale relazioni di fratellanza universale sono andati in
verticale con la torre di Babele dove hanno cercato di toccare il cielo..farsi
grandi, sostituirsi a Dio! Così comincia la Bibbia…e termina con la città vera,
la Gerusalemme celeste, che può essere solo dono suo per noi. E’ questa la
Abéché che sogniamo…il Ciad che vogliamo…l’Africa che portiamo nel cuore…l’umanità
che vogliamo rivoluzionare”. Il testo sovversivo dell’Apocalisse è letto anche
in arabo da padre Abakar confratello sud sudanese…che termina la mattinata con
la preghiera in arabo di Papa Francesco sulla pace(qui in francese):
Prière pour notre terre (Laudato Sii n°246)
Dieu
Tout-Puissant
qui es
présent dans tout l’univers
et dans la
plus petite de tes créatures,
Toi qui
entoures de ta tendresse tout ce qui existe,
répands sur
nous la force de ton amour pour que nous protégions la vie et la beauté.
Inonde-nous
de paix, pour que nous vivions comme frères et soeurs
sans causer
de dommages à personne.
Ô Dieu des
pauvres,
aide-nous à
secourir les abandonnés
et les
oubliés de cette terre
qui valent
tant à tes yeux.
Guéris nos
vies,
pour que
nous soyons des protecteurs du monde et non des prédateurs,
pour que
nous semions la beauté
et non la
pollution ni la destruction.
Touche les
coeurs
de ceux qui
cherchent seulement des profits
aux dépens
de la terre et des pauvres.
Apprends-nous
à découvrir
la valeur de
chaque chose,
à
contempler, émerveillés,
à
reconnaître que nous sommes profondément unis
à toutes les
créatures
sur notre
chemin vers ta lumière infinie.
Merci parce
que tu es avec nous tous les jours.
Soutiens-nous,
nous t’en prions,
dans notre
lutte pour la justice, l’amour et la paix.
A concludere la mattinata le parole
emozionate di Abba Saradingar nostro cristiano e segretario generale della
regione del Dar Ouaddai, rappresentante del Goverantore, che si augura
vivemente che iniziative come questa si moltiplichino e aiutino i giovani a
costruire pace e fratellanza nel paese.
In
serata un video ciadiano stupendo “Moussa e Cristian” per i giovani che
affollano la sala video del Foyer. La storia di due grandi amici, uno cristiano
e l’altro musulmano, divisi dalla guerra degli anni ’80 che arrivano a
ricostruire la loro amicizia e a renderla inossidabile. Segue il dibattito
tutto organizzato dai giovani all’insegna delle testimonianze di vita assieme,
di amicizia e di rispetto, anche di scontri nella vita a volte…ma mai la serata
prende il tono della polemica e dell’astio. Terminiamo nella gioia e con la
speranza folle che quello che abbiamo vissuto in questo 28 novembre continui a
scaldare cuori e passi dei costruttori di pace, felici di essere chiamati Figli
di Dio (Mt 5, 9).
Da maestra Africa arriva uno spiraglio di speranza,,una porta che si apre...come la porta santa della Cattedrale di Bangui, in Centrafrica, che domani Franscesco splanca per l'avvento di Dio...Per
il momento speriamo possa confortare chi nel mondo vive nell’angoscia e nel panico...E per
chi vive nella paura che ci fa chiedere in casa.
Forse l'insegnamento di mamma Africa può bastare per chi se la prende con
tutti gli immigrati? E per chi pensa che non è possibile sulla terra vivere da
fratelli e sorelle?
Sono solo dei nostalgici sognatori coloro che si spendono per
incontrarsi e conoscersi tra diversi? E forse é solo un illuso chi si spende fino in fondo per un umanità nuova per vivere sulla terra in modo radicalmente altro? Forse era un pazzo Gesù Cristo? Forse è solo
un matto da legare papa Francesco che tocca ora il suolo sacro del Centrafrica
come prima volta nella storia martoriata del paese per un Vescovo di Roma? Forse noi cristiani e musulmani di Abéché siamo solo isola felice che non conta nulla agli occhi del mondo? Forse coem recitano tanti l'impegno non serve a nulla e le cose non cambiano mai?
O forse, come cantava Bennato, “chi
ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle forse è ancora più pazzo di te?
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