Basta accendere
la radio al mattino e senti scorrere il sangue per le strade d’Africa. In
agosto la polizia sudafricana ha aperto il fuoco sui minatori che scioperavano pacificamente
a Marikana: 34morti! Scioperi a oltranza si sono susseguiti fino al
raggiungimento dell’aumento dei salari. Senza poi contare la beffa dei
licenziamenti. Solite multinazionali che mettono prima il profitto dell’uomo!
Da qualche
anno ormai la Nigeria è sconvolta dagli attacchi di Boko Haram contro tutto ciò
che è cristiano, occidentale, istituzionale. Lo Stato reagisce con gli stessi
metodi feroci e sanguinari. Ieri a Damaturu sono state trucidate 30 persone
sospettate di appartenere al gruppo terroristico.
In Mali si
prepara da settimane l’intervento militare congiunto di diversi paesi africani
per liberare il Nord finito da ormai più di cinque mesi nelle mani dei ribelli
Tuareg e degli islamisti. Mettersi a combattere nel deserto è una roba folle (come
se la guerra, in qualunque condizione non lo fosse già!!). Ma evidentemente c’è
qualcuno che guarda solo al suo interesse di bottega.
Intanto in
Kenya, alle soglie delle elezioni, già si fanno le prove della guerra interna.
Quella che seminò il panico nel 2007 con più di mille morti. Politici
spregiudicati seminano violenza allo scopo di guadagnare qualche voto puntando
dritto sull’istinto del potere e dei soldi. E già si contano i primi morti.
Nella zona del
Kivu, ad est della Repubblica democratica del Congo, non si fermano le
esecuzioni di massa, gli stupri e i saccheggi da parte del movimento M23, un
gruppo di ribelli appoggiati dal vicino Ruanda. Il quale vuole seminare
disordine e panico per mettere tranquillamente le mani sullo “scandalo
ecologico” congolese (oro, diamanti, bauxite, coltan, tungsteno, rame).
Nella Somalia,
che prova a rimettersi in piedi con l’attesa elezione del nuovo presidente, si
spara ancora. Le milizie islamiste Al Shabab, che controllano gran parte dei
territori del sud, non sembrano arrendersi alla ferma volontà del presidente di
rimettere ordine al paese. Continuano gli attentati in tutto il paese e
recentemente diversi giornalisti liberi sono stati fatti fuori.
Nella Libia
del dopo Gheddafi non c’è ancora pace. Anzi caos totale. Tante armi in
circolazione, teste calde e sete di potere. Conflitti intercomunitari si
riscontrano soprattutto al sud.
Ma non è solo
sangue che scorre. Esiste anche una speranza che va oltre le previsioni: i due
Sudan che mettono fine ai reciproci attacchi, il Senegal che si rimette in
piedi dopo le elezioni, il Ciad dove non si sente più parlare di ribelli da un
anno e mezzo (clamoroso!).
Non solo
sangue allora. Anche Speranza che scorre con i piedi ben per terra. Nonostante
i 400 uomini più ricchi degli Stati Uniti posseggano una ricchezza globale
superiore a tutta l’Africa subsahariana. Il sangue viene proprio da questi
abissi. Da un ingiustizia strutturale che affama e schiavizza. E che fa male al
cuore.
“Quando sarà – cantava Guccini – che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare?
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