martedì 16 ottobre 2012

Nomade...sulle strade del mondo





La casa di un missionario è il mondo” mi diceva un amico missionario tanto tempo fa. E’ vero, lo sento sulla pelle…là dove si è si possono costruire relazioni, casa, famiglia. Il Vangelo è universale  e scalda il cuore quando lo si lascia entrare. E poi il Vangelo di questa domenica (Mc 10,17-30) parla chiaro: chi molla tutto per Gesù di Nazaret e per il Vangelo ritrova il centuplo in case, fratelli e sorelle, madri, figli, campi. Insieme alla persecuzione certo. Come quella di Michele Russo, vescovo comboniano di Doba, in Ciad, espulso dal governo per aver denunciato ancora una volta e con coraggio l’ingiustizia strutturale del governo. Che si mangia i proventi del petrolio e lascia a terra la nostra gente.

Sono di passaggio in Italia per un corso sull’economia a Roma. Per cercare finalmente un economia di giustizia! Due settimane e poi un salto a Padova e in Emilia. Passando per Venegono Inferiore a salutare gli amici dell’Accoglienza e i partecipanti alla Marcia Nazionale della Pace e del Disarmo, a Parma per rivedere famiglia e amici, sull’Appennino reggiano per riabbracciare lo zio missionario don Pietro e gli amici di sempre, a Reggio per partecipare alla festa delle mie amiche di una categoria superiore (o fuori categoria!): le sorelle delle Case della Carità e i loro ospiti. Un po’ di corsa ma occasione bella di incontro con tanti volti e storie che fanno parte di me. “Noi siamo il volto delle persone che incontriamo” mi diceva una volta un amico nel cammino.

Certo sono un privilegiato. In aereo pensavo e pregavo per tutte le persone in cammino nel deserto e su imbarcazioni di fortuna che si avventurano su strade e rotte del mare impossibili per arrivare nella “fortezza Europa”. Sono ormai 20.000 i fratelli e sorelle annegati nel Mediterraneo negli ultimi 20 anni.
Quanti ne dovremo piangere ancora?

lunedì 8 ottobre 2012

Le vene aperte dell'Africa





Basta accendere la radio al mattino e senti scorrere il sangue per le strade d’Africa. In agosto la polizia sudafricana ha aperto il fuoco sui minatori che scioperavano pacificamente a Marikana: 34morti! Scioperi a oltranza si sono susseguiti fino al raggiungimento dell’aumento dei salari. Senza poi contare la beffa dei licenziamenti. Solite multinazionali che mettono prima il profitto dell’uomo!

Da qualche anno ormai la Nigeria è sconvolta dagli attacchi di Boko Haram contro tutto ciò che è cristiano, occidentale, istituzionale. Lo Stato reagisce con gli stessi metodi feroci e sanguinari. Ieri a Damaturu sono state trucidate 30 persone sospettate di appartenere al gruppo terroristico.

In Mali si prepara da settimane l’intervento militare congiunto di diversi paesi africani per liberare il Nord finito da ormai più di cinque mesi nelle mani dei ribelli Tuareg e degli islamisti. Mettersi a combattere nel deserto è una roba folle (come se la guerra, in qualunque condizione non lo fosse già!!). Ma evidentemente c’è qualcuno che guarda solo al suo interesse di bottega.

Intanto in Kenya, alle soglie delle elezioni, già si fanno le prove della guerra interna. Quella che seminò il panico nel 2007 con più di mille morti. Politici spregiudicati seminano violenza allo scopo di guadagnare qualche voto puntando dritto sull’istinto del potere e dei soldi. E già si contano i primi morti.
Nella zona del Kivu, ad est della Repubblica democratica del Congo, non si fermano le esecuzioni di massa, gli stupri e i saccheggi da parte del movimento M23, un gruppo di ribelli appoggiati dal vicino Ruanda. Il quale vuole seminare disordine e panico per mettere tranquillamente le mani sullo “scandalo ecologico” congolese (oro, diamanti, bauxite, coltan, tungsteno, rame).

Nella Somalia, che prova a rimettersi in piedi con l’attesa elezione del nuovo presidente, si spara ancora. Le milizie islamiste Al Shabab, che controllano gran parte dei territori del sud, non sembrano arrendersi alla ferma volontà del presidente di rimettere ordine al paese. Continuano gli attentati in tutto il paese e recentemente diversi giornalisti liberi sono stati fatti fuori.

Nella Libia del dopo Gheddafi non c’è ancora pace. Anzi caos totale. Tante armi in circolazione, teste calde e sete di potere. Conflitti intercomunitari si riscontrano soprattutto al sud.

Ma non è solo sangue che scorre. Esiste anche una speranza che va oltre le previsioni: i due Sudan che mettono fine ai reciproci attacchi, il Senegal che si rimette in piedi dopo le elezioni, il Ciad dove non si sente più parlare di ribelli da un anno e mezzo (clamoroso!).

Non solo sangue allora. Anche Speranza che scorre con i piedi ben per terra. Nonostante i 400 uomini più ricchi degli Stati Uniti posseggano una ricchezza globale superiore a tutta l’Africa subsahariana. Il sangue viene proprio da questi abissi. Da un ingiustizia strutturale che affama e schiavizza. E che fa male al cuore.
Quando sarà – cantava Guccini – che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare?

giovedì 4 ottobre 2012

Sui banchi della Passione

L'Alfabeto dell'Africa



E’ uscito!!  Il libro che raccoglie i primi 24 articoli dell’Alfabeto dell'Africa:

Sui banchi della Passione – L’Alfabeto dell’Africa


di Filippo Ivardi Ganapini


pp.112, Ed. Imprimenda, Padova, 2012


Prezzo: 7,00 € (offerta libera in occasione di presentazioni e incontri)

PRESENTAZIONI:

Padova - Missionari Comboniani - domenica 28 Ottobre -14.30
Parma - Missionari Saveriani - martedì 30 Ottobre -20.45


Per richiederne una copia:
Imprimenda: Tel. 049.8842776 e-mail: info@imprimenda.it
Fr. Alberto - Miss. Comboniani Padova: Tel: 049.8751506 – e-mail: albertitomccj@gmail.com
Giovanni Vené - Parma - giovavene@yahoo.com


martedì 2 ottobre 2012

Buoni musulmani crescono…



Mentre nel mondo si protesta ( e a ragione, senza mai giustificare la
violenza!) contro il video che prende in giro il profeta Maometto, con
un gruppo di ragazzi rientro in macchina a Moissala. Ad un certo punto
non so bene dove passare per via di fango e acqua. Ci provo. Ma una
ruota affonda. Via le scarpe, ci mettiamo tutti a spingere nel fango.
Solleviamo la macchina per cercare di mettere dei bastoni sotto le
ruote. Con le mani cerchiamo di tirar fuori acqua e fango. Niente da
fare!

Proviamo anche a svuotare la macchina dei sacchi di riso e dei bagagli
per alleggerirla. Dopo un’ora siamo sfiniti. Quasi ci arrendiamo. Nel
frattempo sono passati uno-due-diversi contadini in bicicletta o a
piedi. Hanno guardato e tirato dritto. Un po’ come il sacerdote e il
levita della Parabola (Lc 10,25-37). Proprio quando non ce la facciamo
più arrivano due musulmani in bicicletta. Si fermano, guardano la
situazione. Macchina incastrata e gente ricoperta di fango fino nei
capelli. Cominciano in arabo a dirigere le operazioni. Ci indicano
come fare. Alcuni sollevano e altri spingono. Conoscono bene l’arte
del commercio e le condizioni delle macchine strapiene che portano la
merce. Anche loro si tirano su le maniche. Li vedo sudare come dei
matti nei loro lunghi vestiti. Si sporcano le mani e i piedi con noi e
ci tirano fuori.

Quando la macchina riparte scoppiamo in un urlo di gioia: “Adil
maruai!”. Bene, ce l’abbiamo fatta! I nostri amici sorridono felici e
riprendono le biciclette. Li chiamo e offro loro due pezzi di pane. Mi
guardano, alzano le mani, ringraziano e dicono: “Va bene così”. Non
hanno preso nulla! Ancora una volta e gratuitamente i nostri fratelli
musulmani hanno fatto causa comune con noi. Non è questo il regno di
Dio? Non è questo molto più del dialogo tra religioni? Questo è lavoro
tosto tra le religioni!

Nessun giornale o radio scriverà di questo. Farà più audience la
violenza contro questo o quel cristiano in Africa e nel mondo. Ma
intanto noi, in fondo al Ciad, lontani dai riflettori, stiamo facendo
le prove per cambiare il mondo.

venerdì 28 settembre 2012

L'alcool che uccide





Modestine è distrutta dall’alcool e sta buttando all’aria tutto. Marito, figli, casa. Non si tiene più. Ormai l’hargi, l’alcool distillato le ha preso la testa e domenica notte ha sfondato la porta della capanna di suo marito Robert. Lui  non ce la fa più e la sera si rifugia all’ospedale dove vende le medicine. Tornare a casa è per lui l’inferno. Lei gli ha preso il coltello e ora Robert teme il peggio. Dopo 35 anni di vita coniugale ormai sono alla frutta. Tutto è cominciato con qualche calebasse (tazza) di bili bili, la bevanda tradizionale fatta di miglio fermentato. Poi il tutto in crescendo, fino ad esplodere nella disperazione.

La gente non si tiene. L’alcool sta rovinando intere famiglie. Ci sono persone che alle 5 del mattino, al levare del sole, sono già al cabaret a scaravoltare i bicchieri. Fino a sera, finche ce n’é. Devastati, si sdraiano per terra, danzano e cantano per trovare qualche altra moneta e continuare il gioco, corrono dietro a qualche donna e all’Aids dilagante. Lasciano i figli per strada senza preoccuparsi, neanche la notte. Tutto il loro mondo gira attorno al pentolone sotto l’albero. Affogano pensieri, speranze, famiglie e attese dell’Africa. Diventa impossibile lavorare la terra, pescare e restare in armonia a casa. C’è chi dorme perfino al cabaret, in preda al delirio. 

Non esiste il limite e l’ultimo bicchiere diventa presto il primo di una nuova serie. Come il papà di Mathieu che, rovinato dall’alcool avrebbe ammesso di aver ammazzato due anni prima un concittadino. La reazione della gente non si è fatta attendere e hanno cercato di farlo fuori. L’autorità tradizionale ha dovuto invitarlo, per precauzione, a lasciare Moissala. Così Mathieu in lacrime è venuto a raccontarmi e il povero papà deve scontare i suoi ultimi giorni lontano dalla sua terra. Dolori che si accumulano, bicchieri che crescono. Il nostro grido contro la piaga dell’alcool sembra una battaglia persa. Le istituzioni non fanno niente, anzi godono felici perché bere è non pensare, devastarsi con l’alcool è non protestare o creare problemi al sistema di ingiustizia strutturale.

L’alcool sta uccidendo l’Africa. Tempo addietro era i fine settimana. Ora è diventato tutti i giorni. Siamo al quasi tutte le ore…l’Africa affoga, il mondo se ne frega. Qualcuno dietro al Galileo prova ostinato e controcorrente a continuare a proporre il cambio radicale. Le sconfitte sono toste e fanno malissimo. Ma la speranza e il sogno restano alti. Un po’ come la resurrezione dentro la morte…

lunedì 24 settembre 2012

Tempo di raccolto



E’ grande festa nei campi attorno a Moissala. I contadini cantano di
gioia al raccolto di mais e arachidi. La fame è scongiurata
quest’anno, anche se le piogge troppo abbondanti  minacciano il miglio
e quanto resta della speranza. Le famiglia si organizzano: chi nei
campi che raccoglie, chi fa la guardia la notte sui covoni con stuoia
e coperta, chi con le carrette e i buoi trasporta i sacchi a casa o al
mercato dove è un esplodere di movimenti, urla, sacchi, biciclette,
gente dappertutto.

Grandi teloni vengono sdraiati in ogni angolo delle case e del mercato
per fare seccare le arachidi e il miglio bianco, in modo da poterlo
poi mettere in magazzino. Gli arabi, abilissimi nel commercio, si
danno da fare come matti per acquistare e rivendere. E’ il lavoro dei
“Musso”, di coloro che non perdono l’occasione per fare affari.
Solidarissimi tra di loro, si aiutano a vicenda e fregano i nostri
contadini, incapaci di organizzarsi in gruppi e cooperative. Così
facendo i poveri vendono un sacco alla volta e non hanno potere
contrattuale. Li frega la gelosia e se possono si fanno le scarpe gli
uni con gli altri. La “guerra dei poveri” insomma. Quante volte ho
chiesto alla nostra gente: “Perche non ci organizziamo e lavoriamo
insieme come una cooperativa di produzione e commercializzazione?”. La
risposta è sempre la stessa: “ Se facciamo così c’è sempre qualcuno
che vuol fare il furbo, che frega gli altri e si mangia i soldi”. E
poi si chiamano tutti fratelli…purtroppo dalle nostre parti quello che
è di tutti finisce che non è di nessuno e allora qualcuno vuole
metterci le mani sopra. Ma vedo che non è molto diversa la frittata in
giro per il mondo…

Intanto le feste e le danze si moltiplicano nei campi la sera. Al
suono dei tamburi si balla sul raccolto. Le piroghe attraversano il
fiume cariche di sacchi che arrivano dai villaggi. Al mercato tutti
sgranocchiano arachidi fresche e pannocchie di mais ben rosolate al
fuoco. Ma l’incubo-allevatori è alle porte. I buoi dei nomadi sono
tutti attorno che minacciano di entrare e rendere vano lo sforzo di un
anno intero di lavoro. A Dakou ho visto con i miei occhi pochi giorni
fa le mandrie entrare tranquillamente a mangiare cotone, fagioli e
miglio. Il clima resta comunque teso dappertutto. Anche a Silambi, nel
nostro Centro di Formazione dei leaders delle comunità cristiane di
base, si avvicina il raccolto. E la notte i nostri uomini girano per i
campi con le torce per difendere i campi.

Il sonno è poco, la gioia è tanta e la paura dietro la porta. Si
tratta ancora e sempre di sopravvivenza. Basta un niente e si è già
nell’urgenza. Una malattia, la morte di un familiare, un campo
devastato, troppa pioggia, un infortunio sul lavoro, una casa che
crolla sotto l’acqua e il vento e tutto va a rotoli. La vita procede
tosta come sempre. E come sempre si vive attimo per attimo,
ringraziando, oggi, di esserci. Domani è sempre un lusso…

venerdì 21 settembre 2012

Gesù di Nazaret tra i contadini





Più mi addentro nel personaggio Gesù di Nazaret e più mi rendo conto
che il suo ambiente e la sua gente sono così vicini alla nostra realtà
in fondo al Ciad. Campi da arare con i buoi e coltivare a mano,
allevamento di capre e mucche, pesca. Qualche funzionario e la vita
che ruota attorno al villaggio. La gente che si sposta a piedi o sulle
carrette trainate dai buoi.

I nostri contadini a Silambi, in formazione per diventare leaders
delle comunità cristiane di base, colgono subito il nocciolo del
Vangelo. Le parabole di Gesù parlano dritte al loro cuori e alla loro
realtà. Chi meglio di loro conosce i segreti della semina, del chicco
che si trasforma in pianta, del pascolare capre e mucche, del pescare
con le reti nel fiume? Chi meglio delle nostre donne conosce il
segreto del lievito nella farina che usano ogni giorno per preparare
la polenta?

Non hanno bisogno di tante spiegazioni, perché a loro, ai piccoli,
insignificanti della storia, sono state rivelate queste cose. Così Dio
continua a spiazzarci…non ai benpensanti, ai primi della classe, ai
potenti del mondo. Dio continua a fare conoscere le meraviglie della
sua presenza agli ultimi, i disprezzati. Basta aprire orecchie, occhi,
mani e cuori.
Io racconto loro la Buona Notizia di Gesù e loro me ne parlano con la
loro vita. Io ho delle parole e loro dei fatti. Parlano le loro mani e
i loro volti sfigurati dal sole e dal duro lavoro dei campi. Parla la
gioia di sentire Gesù di Nazaret uno di loro. Uno che sa cosa vuol
dire la vita dura e ne denuncia le ingiustizie strutturali.

Come mai il petrolio abbondante in Ciad non ha ripercussioni sulle
loro vite? Come mai potenti uomini d’affari vengono a portare via le
terre promettendo qualche soldo e privilegio? Oggi si scaglierebbe
Gesù contro le ipocrisie e i soprusi del sistema che abbiamo messo in
piedi e che affama la terra. Ecco perché, mentre nel mondo sazio non
attira quasi più niente qui, nei bassifondi del mondo, Gesù di Nazaret
è fonte di speranza e di vita. Porta ancora una Buona Novella di
resurrezione e di svolta. Non un illusione ma qualcosa che si tocca
con mano a partire dall’impegno per la giustizia e la verità.

Chi ha lo stomaco vuoto lo accoglie con rinnovato entusiasmo. Per
riempire pancia e speranza. E Lui continua a farsi pane spezzato…