Il suo volto
giovane e limpido facilmente trae in inganno. Sembra un ragazzino ma è prete da
6 anni. Originario di Bitkine all’estremo est del Ciad, nella regione desertica
del Guera, Daaba è il solo prete diocesano ciadiano originario di questa zone,
dove piccole comunità cristiane vivono dentro la stragrande maggioranza di
musulmani. Piccole isole dentro un mondo con cui mettersi in dialogo, aperti
all’incontro.
Ci accoglie
con grande gioia nella sua parrocchia e ci tiene a farci mangiare il Kissar, un
pane sottile specialità del mondo arabo, con la salsa di pollo accuratamente
preparata dalla sua famiglia. La mamma è ritornata al Padre qualche anno fa e
suo babbo, ormai anziano, è accudito dalle 7 sorelle e dai 5 fratelli di Daaba.
Vivono in un piccolo villaggio a 5 Km da Bitkine, e spesso si vedono. Daaba in
moto passa a trovarli oppure loro scendono in città per vederlo.
Corre a destra
e sinistra e si preoccupa di ogni persona e situazione. Anche con la malaria
non si risparmia per il lavoro e ci mostra le scuole di Bitkine e i due Foyers,
per ragazzi e ragazze. Luoghi dove i giovani, lontani dalle distrazioni e
lavori incombenti di casa, possono studiare e crescere assieme. Dalle nostre
parti sono piccoli miracoli. E’ lui che sta finendo di costruire la residenza
dei ragazzi che hanno cominciato quest’anno a vivere assieme. Li segue e si
informa sul cammino di ognuno.
Durante la
messa della domenica nella sua comunità di Bitkine ci presenta alla gente e ci
chiede di presiedere l’Eucarestia. Parla il kenga, la sua madre lingua, una
delle più di 200 che abbiamo in Ciad, e se la cava benissimo con francese e
arabo. Non ha problemi di comunicazione e di relazione. Quando parla pesa le
parole una ad una, per dare ad ognuna l’importanza che merita. Sembra di
ascoltare la voce di un saggio che ha pensato molto prima di aprire la bocca.
Per lui certo
non è facile essere l’unico prete ciadiano originario del Vicariato Apostolico
di Mongo ad est del Ciad. Vive con Denis prete del Burkina Faso che dà una mano
da ormai due anni e la loro relazione sembra molto buona. Il cristianesimo da
queste nostre parti è una piccola minoranza e l’ambiente circostante è una
forte sfida alla fiducia in Dio. Ma anche un’opportunità unica di incontro, di
scambio, di conoscenza per dare solidità e forza alle convinzioni profonde che
fanno andare avanti ogni giorno nel cammino.
Il suo nome in
arabo vuol dire “Adesso!”. Ed è tutto un programma…è quell’adesso del Regno di
Dio che fiorisce laddove la fraternità, la giustizia, l’incontro e la
solidarietà sorpassano etichette, ruoli e religioni. Per provare a rendere il
mondo un po’ più umano...
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