Ci siamo
ritrovati in mezzo al deserto. Abakar e io, due comboniani alla frontiera est
del Ciad. Accompagnati da Christian della comunità di Biltine, siamo arrivati
la mattina presto ad Arada, il arabo la terra. Il primo ad accoglierci con un
bel the sotto l’hangar (il riparo dal sole fatto di piccoli legnetti) è il
pastore protestante Etienne che vive all’entrata del villaggio in una piccola
casetta di cemento con la moglie e i tre figli. Sembra di essere alla frontiera
del mondo. Intorno a noi pochissimi alberi, alcune montagne che ci circondano e
tantissimi pascoli di buoi, pecore, cammelli che si spostano verso sud. La
stagione delle piogge è finita e per cercare l’acqua bisogna spostarsi seguendo
i pascoli.
Ad Arada i
cristiani cattolici sono talmente pochi e disorganizzati che si ritrovano con i
protestanti. Così il pastore Etienne è la guida per tutti. Un uomo serio,
coraggioso al punto da rischiare sulla sua pelle la sua permanenza in un luogo
ostile dove i musulmani all’inizio lo hanno minacciato perché se ne andasse. Ma
ora le relazioni sembrano migliorate e i cristiani si fanno rispettare. Sembra
di tornare alle origini, pochi anni dopo la resurrezione del Galileo, quando la
domenica mattina presto ci ritroviamo sotto l’hangar del pastore per pregare
assieme. In 28, con donne e bambini, assiepati in uno spazio ristrettissimo
ascoltiamo la Parola e affidiamo al Padre-Madre di tutti coloro che fanno
fatica. Proviamo a incoraggiare tutti ad andare avanti. Il fatto di essere
assieme è già un segno del Regno molto bello. Cantiamo e preghiamo. Chiudo gli
occhi e mi sembra di fare un volo nella storia del cristianesimo. Raccogliamo
le offerte che aiuteranno la piccola comunità a costruirsi un hangar migliore.
Qui una cappella in cemento è ancora troppo un lusso. Siamo alle origini. I
cristiani hanno bisogno di trovarsi assieme e di farsi forza.
Concludiamo la
preghiera con la polenta e il pollo mangiati come a sud con le mani.
Ringraziamo il pastore e la sua famiglia e promettiamo di rivederci presto. Nonostante
la lontananza e l’isolamento la piccola comunità resiste. Perché Dio non
abbandona.
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