mercoledì 5 settembre 2012

A piedi scalzi… sulla terra d’Africa



Questa è terra sacra, perché i poveri sono il vero volto di Dio. “ Ero
io…”quando hai fatto qualcosa all’affamato, all’assetato, al nudo, al
carcerato, all’ammalato, allo straniero. Il Vangelo di Matteo al
capitolo 25 parla chiaro! Quindi per camminarci con impegno e passione
bisogna togliersi le scarpe. Come Mosé di fronte al roverto che arde
(Es 3,2) senza consumarsi, cioè quella passione di Dio per l’umanità
che brucia dentro senza mai arrendersi. Piedi nudi per un contatto
tenero e rispettoso con il suolo. Quella terra da cui proveniamo (Gn
2) si sente finalmente a casa. E’ per questo che trovi donne in strada
che si sparano chilometri e chilometri a piedi nudi. E che attorno a
casa lasciano perdere le scarpe. La pelle diventa dura, cresce il
callo e i ditoni raccontano di storie sofferte e in lotta per la vita.
Ce le siamo tolte le scarpe a Silambi nel ritiro del Gruppo
Missionario. Di fronte alla Parola, terreno sacro, vanno tolte
barriere e scudi, altrimenti ci pensa lei, la Parola a mettere tutti a
nudo e contro il muro. Basta accoglierla, ascoltarla e meditarla. E
sei fritto! Ci è successo così con la storia di Mosé come raccontata
nel libro degli Atti degli Apostoli (At 7,20-39). Non tanto diversa
dalla nostra. Anzi ci siamo dentro fino al collo. Meditazione di
spessore vista la guida del grande uomo di Dio, Carlo Maria Martini.
Il suo spirito circola perfino qui in Africa, in fondo al Ciad. E
penso che continuerà a lungo perché soffia dove e come vuole. Carlo
propone, in un corso di Esercizi, il confronto con la vita di Mosé,
racchiusa in tre tappe scandite dai 40 anni: Mosé oggetto di speciale
provvidenza e sottoposto ad un educazione raffinata (At 7,20-22), il
tempo della generosità e dello scacco (At 7,23-29) e infine il momento
della scoperta dell’iniziativa di Dio nella sua e nostra vita (At
7,30-39).
Al momento della condivisione ognuno ha raccontato la storia della sua
vita fatta a tappe. Un po’ come Mosé. Chi è scappato dalla guerra, chi
è stato salvato da uno zio o un fratello più grande, chi poverissimo
ha sudato le pene dell’inferno per studiare, chi se ne è andato dalla
famiglia e ha fatto poi ritorno. Infine chi ha pianto tutto il tempo
senza proferire parola. Bloccato alla seconda tappa della vita di
Mosé: la fuga e la sconfitta. Dura la Parola…ma necessaria!
E’ viva più che mai, ci legge dentro, ci penetra fino al midollo, come
spada a doppio taglio (Eb 4,12). Ad ognuno parla secondo la sua
storia, sogni e cadute. Lasciando tutti a piedi nudi di fronte alla
verità. Quella che fa male, ma che davvero libera (Gv 8,32). Per
essere finalmente noi stessi.

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