giovedì 9 aprile 2015

Diario di Pasqua


                     Partiamo verso sud con Bernard, giovane comboniano congolese in formazione alle 8 di mercoledì 1 aprile. E già il paesaggio e il clima cambiano, più alberi, meno deserto e un po’ più fresco. Arriviamo a Goz Beida a 220 Km da Abéché verso mezzogiorno e io m’installo  nella biblioteca della comunità cristiana. Sarà la mia casa di Pasqua. Anche se, a dire il vero, sarò sempre fuori…anche a dormire visto il caldo. Sempre sulla stuoia. Al mio fianco il grande uomo Nazzer, responsabile della comunità. Ad ogni istante Denonodji, sua moglie, ci porta da mangiare manghi, polenta e pesce. Anche le sue figlie si prendono cura di me. Portano acqua da bere e il secchio per lavarmi al mattino e alla sera. Batel, di 19 anni, si avvicina una sera per parlarmi e mi racconta il suo sogno di diventare suora…la incoraggio, le parlo a lungo, anche e soprattutto delle difficoltà…poi le regalo una Bibbia. Che sia la sua guida nella ricerca di Dio…

                Al mattino preparo a lungo le letture e le celebrazioni del triduo pasquale…poi passo a visitare il pastore protestante Thomas, l’imam Abdoulaye, il prefetto e il governatore. Contatti e incontri importanti per la missione senza frontiere. Parliamo a lungo e scambiamo idee. Con Nazzer trattiamo in profondità un problema della comunità che dura da ormai 5 anni: un ex-prete, a cui la comunità aveva affidato dei soldi, è partito e non ha restituito. Solo dietro le insistenze della comunità rimette qualcosa. Lo chiamo al telefono e mi dice che tra una settimana comincerà a restituire quello che manca. Sarà vero? Quel fratello Giuda che è dentro di noi vive ancora…

                Lavo i piedi il giovedì santo alle donne, alle bambine…sempre le più vulnerabili…piedi pieni di sabbia, quella del deserto. Ad ogni piede lavato sorrido e loro ricambiano…chissà se sono riuscito a trasmettere l’amore di Gesù…ma di certo dove non arrivo io arriva Lui! All’omelia parlo alla gente di Oscar Romero che su invito del papa a lasciare il Salvador a causa delle minacce di morte risponde: “Resto qui. E’ qui che devo restare fino alla fine. Se mi uccidono è in mezzo al mio popolo che risusciterò”. Un uomo fattosi popolo! E papa Francesco lo beatificherà il 24 maggio…una tappa importante, decisiva per il rinnovamento radicale dei seguaci del Galileo.La notte del giovedì santo ci arriva la notizia di un assassinato in città: due giovani amici in preda ad alcool e droga si sono azzuffato e uno ha tirato fuori il coltello ammazzando il compagno. E’ fuggito ma poi si è consegnato. Siccome il giovane è di origini sudiste si temevano rappresaglie in città contro sudisti e cristiani. Il venerdì c’era coprifuoco a Goz Beida…davvero un segno di morte, Gesù ucciso ancora… e  poi la notizia del massacro dei cristiani in Kenya. La nostra preghiera incessante attorno alla croce è per tutti i crocifissi della storia.

                Il sabato mattina scorre via veloce tra preparazione delle celebrazionidi sabato e domenica…poi la visita alla famiglia di Mondor, un caro amico cos nociuto a Guereda e sua moglie Therese. Mangiamo un ottimo pesce e ci beviamo una birra come anticipo della festa. 

                Poi la veglia pasquale: tutti attorno al fuoco per far tornare a bruciare il cuore dei tiepidi e il cuore dell’umanità ferita…due giovani ragazze diventano cristiane la notte della resurrezione: Agnes e Therese. I balli e le danze non finiscono più! La gioia della resurrezione si tocca con mano ad ogni angolo della bellissima chiesetta di Goz Beida. Finiamo stanchissimi per l’intensità dei momenti vissuti e andiamo a dormire sulla solita stuoia. Al mattino di domenica ancora in moto per il giorno di Pasqua: un matrimonio e 5 cresime. Ancora festa a non finire…il cuore della comunità palpita. Ci sono anche protestanti e musulmani venuti a festeggiare con noi. La festa continua a casa di Salomon et Lartedé, gli sposi. Poi a casa di Therese, battezzata il sabato santo. Mi ritrovo come al sud: sotto al grande albero una folla enorme di perone che cantano e danzano. Mangiamo assieme e poi via verso Koukou. 

                Raggiungo Bernard la sera tardi. MI sparo 50 chilometri in due ore su una macchina che fa scalo con i passeggeri e le merci. Siamo tre davanti e 4 dietro chiusi come sardine! Sopra di noi almeni 20 persone con i piedi che penzolano al fianco delle nostre teste. Ai 20 all’ora con ruote che non so come facciano ci mettiamo in marcia. Il tempo per pregare al tramonto e poi via di nuovo.

                A Koukou mi aspettano Bernard con Desiré e Angeline i due sposi..mangiamo un buon pollo assieme, prepariamo la festa del giorno dopo e poi via a letto per riposare.

                Il lunedì di pasqua quasi 100 persone riempiono la piccola chiesette di Koukou interamente costruita con gli sforzi della comunità. Una festa popolare molto bella e partecipata. Gli sposi pieni di gioia danzano assieme al loro piccolo Gautier che ho battezzato qualche minuto prima. Il tempo di mangiare kissar (tipica specialità araba) e capretto e poi via ai saluti e di nuovo in strada per rientrare.

                Se Pasqua vuol dire passaggio il nostro è stato davvero un passaggio dentro la vita, le emozioni, il cuore di una piccola porzione di popolo di Dio al nord-est del Ciad, quel piccolo germe chiamato ad essere sale della terra e luce del mondo…una grande speranza per la nostra umanità in declino.

martedì 27 gennaio 2015

A Lele...nel cammino




             Lettera a Lele Ramin a 30 anni dal martirio...Lele vive

   Lele! Fratello e amico nel cammino, ciao!

                La tua passione travolgente per Gesù di Nazaret, il Vangelo e i poveri continuano ad accompagnarmi alle porte del deserto, qui al nord-est del Ciad. Sono passati 30 anni da quel giorno, il 24 luglio 1985…a quel tempo ero un ragazzino di 12 anni con il testa il pallone e poco più…ma già la tua e nostra passione per la giustizia cominciava a bruciare dentro… 

Tu sei più che mai vivo, fratello, e cammini sulle mie e sulle tante gambe di chi ti ha incontrato sulla strada…penso a Teresa, Elianna, Lorenzo e tantissimi altri!

                Ti ho incontrato la prima volta nel volto di tuo fratello Fabiano e nel sorriso dI Cris, i tuoi “custodi” che il giorno della mia ordinazione e dell’indipendenza del Sud Sudan mi hanno prestato i loro piedi per rinfrescarli con acqua e profumarli…sono i tuoi piedi Lele, quelli di chi lotta, non si arrende e vuole andare avanti nonostante tutto…i nostri piedi, quelli di Gesù di Nazaret, da lavare, accarezzare…per rimettersi in cammino sempre…

                Ti ho sentito nella voce di tanti giovani che non ci stanno ad accontentarsi al sistema che uccide, che provoca i terrorismi, che alza il divario incredibile tra ricchi e poveri sulla terra! E i guasti del pianeta si vedono qui dove il deserto avanza, manca acqua per vivere, si fa la guerra per la terra! E si producono sfollati, noi ne abbiamo ancora 300.000 dal Darfur da ormai più di 10 anni! Senza che nessuno più ne parli! Chi si ricorda oggi del Darfur? Chi parla più del Mali o del Sud Sudan? E il Centrafrica? Molti non sanno neanche che è un paese, che c’è gente che ci vive…qualcuno pensa ancora che sia una zona più o meno non ben delimitata verso il centro dell’Afraica…anche gente colta Lele te lo assicuro! Ma non gliene frega perché interessa solo e fa paura l’Ebola… magari perché ne può riprodurre a fianco a casa i danni…il resto se non mi tocca che me ne frega? Ne sa qualcosa Elisa del gruppo dei giovani modenesi che sono venuti a trovarmi quest’estate..ho parlato loro di te, ti abbiamo ricordato…al ritorno è stata bloccata ad Istambul una settimana perché tutti avevano paura dell’Ebola..invece solo un po’ di febbre, un attacco di malaria quella che fa così paura vista da lì…a nord…ma tu sei a sud Lele, scusami, sei al fianco di tutti i “sud”del mondo…e oggi qui ti batti con noi a fianco dei rifugiati, della gente del sud che è “fuori sede” al nord in terra musulmana, dei ragazzi-bouviers, i piccoli pastori…qui ci aiuti a incontrarci con i musulmani, a “creare primavera” con loro, come ami tu esprimerti…chi lo sa, caro Lele, che Youssuf e Mohammad mi hanno invitato a prendere un the sulla strada a Oum Hadjer senza neanche conoscermi? Chi lo sa che Ousmane è venuto a portarci una tazza di latte di cammello appena munto a me e ai giovani di Parma la mattina presto mentre pregavamo le lodi al Dio della vita a fianco di un campo nomadi? Chi lo sa che Souade ha invitato a casa sua tutti i giovani italiani e ciadiani per conoscerci e parlare di islam, donne, libertà? Chi lo sa che Ahmat Abdelkerim, noto imam di Abéché, mi sta insegnando ogni mattina l’arabo letterario? Chi lo sa che madame Hajje confida in noi per mandare a scuola i suoi figli e scrivere un progetto per il gruppo delle donne vedove di cui è presidente? Dobbiamo farle sapere queste cosa al mondo di oggi Lele! Altrimenti si sente solo che tagliano teste agli occidentali in Iraq, che bombardano in Siria!

                Dobbiamo tornare Lele a riseminare speranza in un mondo che vogliamo radicalmente diverso..dobbiamo tornare a vivere sognando come ci hai sempre detto! E allora sotto, non c’è tempo da perdere: abbiamo il Foyer dei giovani, il centro culturale da rimettere in sesto, le comunità cristiane ci aspettano per le visite..domani Tine al confine con Darfur…comunità bellissima che ha resistito per 6 anni senza visita di un prete! Poi Bahai dove i cristiani sono solo 9 dentro all’oceano musulmano ma resitono (dove due o tre sono riuniti nel mio nome…), poi Am-Jarass la città del presidente megalomane che vuole fare di un villaggetto nel deserto la nuova capitale…tentazione di grandezza anche per la comunità cristiana che vuole farsi costruire una megachiesa…ma non ci sarà una terza possibilità: o i soldi o il Vangelo! Poi abbiamo l’Assemblea generale con tutti i rappresentanti delle comunità…il primo evento di questo tipo per noi…padre Gerrry, gesuita che lavora con i rifugiati ci aiuterà nel ritiro e poi ci confronteremo, Lele, anche duramente se serve ma con il desiderio di camminare insieme…poi l’inizio della cellula Caritas con il lavoro da fare in prigione, malati di Aids, famiglie in difficoltà, donne musulmane con handicaps, vedove, bambini di strada…poi vogliamo aprire una transmissione in radio per far posto al Vangelo in terra d’Islam..imporlo? Ci insegni tu Lele che si propone qualcosa di così bello come la Bella Notizia! Mai imposta, mai gridata…sempre proposta, con franchezza, audacia e decisione..anche coraggio ma senza violenza, superbia, senza sentirci migliori…poi finalmente la Comissione Giustizia – Pace – Islam che vuole lavorare per l’incontro e l’indagine sui problemi veri del nostro paese e della nostra terra…senza paura! Poi la formazione biblica, il lavoro con i giovani, la fine dei lavori per l’hangar, il capannone all’aperto che sarà chiesa, ma anche luogo di concerti, feste, riunioni…uno spazio per sertirsi “a casa”…può bastare Lele? Ci dirai tu la strada perché è certo che sarà dietro il Galileo e allora andremo bene e sicuri…chiedendo perdono ad ogni passo falso, ricominciando, rialzandoci dopo le cadute, puntando all’essenziale, con il divieto di scoraggiarci! Qui non si può, sempre avanti e sempre oltre!

                Il programma di fondo? La tua frase, Lele, la più bella che ancora mi fa venire i brividi mentre scrivo: “La mia vita vi appartiene, vi appartenga anche la mia morte!”…così è la missione, questione di appartenenza ad un popolo…vita e morte per loro, fino in fondo?

                Il segno che ci accompagna? Il tuo più bello Lele, la tua più vera risposta ad ogni difficoltà, scontro, delusione, un abbraccio!

Ciao Lele, fratello nel cammino…dai la tua carica a Cris adesso e a tutti coloro che lottano per andare avanti, per un mondo migliore, per la fame e sete di giustizia appassionati con cui ci hai contagiato!
Portaci al cuore di Dio, al tuo cuore…non credo ci sia differenza…

Tuo sempre
Fratello e amico nel cammino
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martedì 13 gennaio 2015

La cena di Natale




Mentre nel mondo si combatte e ci si divide sempre più qualcosa di nuovo cresce nella piccola Tine, in arabo “fango”, al confine col Darfur.

            Mentre arrivano notizie terribili dalla Nigeria dove il villaggio di Baga è stato completamente distrutto con un sacco di morti e tanti sfollati che hanno raggiunto il Ciad attraverso il lago, qualcosa di così normale avviene nella notte di Natale.

            Mentre nel mondo arrivano notizie di attentati in Francia, di provocazioni pesanti (Io non sono certo Charlie!), di risposte criminali qualcosa di bello succede tra musulmani e cristiani alle frontiere del mondo.

            Qui dove nessuno o quasi se ne frega di questa gente (il petrolio è a sud) il 24 dicembre arrivo con un equipe di una sorella indiana, Nisha, e due giovani laici, al villaggio di Tine dove ci aspetta la comunità cristiana per celebrare il Natale. Prima della celebrazione andiamo a trovare l’imam della grande moschea che già avevo conosciuto come un uomo molto aperto e semplice. IL suo nome: Adam Abdallah Moussa. Ci accoglie con grande gioia. Parliamo in arabo tutto il tempo e beviamo insieme il the. Ci fa delle domande sul cristianesimo senza mai entrare in polemica. Ci mostra il Corano e tutti i suoi libri. Per rispondergli a certe domande facciamo ricorso alla sua Bibbia in arabo che la comunità cristiana di Tine gli ha regalato. Scherza con Suor Nisha dicendole che la prenderà come quarta moglie. Poi insiste che restiamo perché in cucina stanno preparando la carne per noi. Siamo di fretta però perché la gente ci aspetta per la Messa…e allora ecco la proposta. Torniamo dopo! Così andiamo a celebrare con una gioia enorme la Messa della veglia, verso le 18. I canti e le danze invadono la piccola cappellina di Tine. Alle 20.30 torniamo dall’imam. Ci sediamo sulla stuoia e via che attacchiamo la carne assieme con le mani. Lui è felicissimo..mi invita a venire da lui nel periodo del Ramadam per accelerare con l’arabo letterario. Colgo la palla al balzo e già mi sto organizzando. Nisha è felicissima, Pierre e Gael non ci credono e anche Ange, il responsabile della comunità cristiana è soddisfatto. Un Natale così non lo avevamo ancora fatto.

            Ci salutiamo e ci abbracciamo dandoci appuntamento a presto…sperando che tanti altri nel mondo possano celebrarlo così…

            Mentre il mondo si incattivisce sempre più in un piccolo angolo remoto del mondo qualcosa di nuovo si prepara…

            Ma Dio non aveva forse fatto così un giorno cominciando dalla Galilea delle genti?

mercoledì 17 dicembre 2014

La Parola cerca un varco


 “La Parola si fece carne
e venne a mettere la sua tenda in mezzo a noi”

(Gv 1,14)

“La nostra sola ambizione missionaria in un paese musulmano, come in tutti gli altri paesi è di tessere con un popolo dei legami tali che Dio possa quando vuole e come vuole, far passare il suo Spirito”

Pierre Claverie, vescovo di Orano, ucciso il 1 Agosto 1996

       Abdoulaye è un giovane meccanico camerunese musulmano fuggito dalla guerra del Centrafrica. Terrorizzato dalla furia vendicatrice dei presunti cristiani trova rifugio al nord del Ciad a casa di Abel. Lo incontro al nostro arrivo nella comunità di Kalayt. Mi accoglie con un gran sorriso e si dice felice di aver trovato una casa. Abel è un cristiano impegnato della comunità cristiana di Kalayt e ha aperto la sua porta…ma allora non tutti i cristiani lo vogliono far fuori…forse che non tutti i cristiani sono uguali?…ci sono quelli che servono il Vangelo e altri che se ne servono…come non tutti i musulmani sono gli stessi…chi serve Dio (come il nome Aboulaye suggerisce) e chi si serve di Dio per fare altro…”Questo non è Islam !” hanno gridato tanti imam nigeriani contro Boko Haram e il terrore che imperversa in Nigeria…mi viene da rispondere che “Questo non è cristianesimo !” contro le guerre dei potenti della terra dalle impensabili radici cristiane (ma quali??) in Libia, Irak, Siria…Abdoulaye ripara la nostra macchina e lavora la notte..gli tengo la torcia per vedere dove mettere mani e bulloni mentre il freddo del deserto comincia a pungere. Lavora per tre ore e alla fine non vuole niente…insisto e gli infilo nella camicia un biglietto. Lo affido al Dio che cerca di mettere la sua tenda…non perché diventi cristiano ma perché continui ad essere il buon musulmano che ho incontrato.

         Nel frattempo a Kalayt anche i musulmani cercano le nostre agende biblico-liturgiche del 2015…cosa se ne faranno? Lo Spirito cerca un varco…per un dialogo possibile al quotidiano. Quello dell’amicizia con l’imam Adoum Moussa che viene alla nostra celebrazione di Tine, assiste a tutta la messa e dopo la mia omelia mi mette in piedi e chiede la parola..gli dico di attendere un attimo…poi mi pento perché al momento della consacrazione si alza ( e penso che voglia venire a consacrare con me…pretendo troppo??) e se ne va…penso che se la sia presa…invece esce perché sente la voce del muezzin che invita alla preghiera…bello no? Noi con l’Eucarestia e lui a fianco pregando verso la Mecca…altro che dialogo interreligioso…poi rientra e quando gli diamo la parola dice che è veramente contento di aver ascoltato la mia omelia.. aggiunge altre parole..di pace, di dialogo, di accoglienza, di ascolto…la Parola cerca un varco. Alla fine della Messa mangiamo insieme dall’unico piattone il kissar (piatto tipico arabo) con carne di agnello. Ride dicendo che coloro che non vogliono mangiare con i cristiani non hanno capito nulla dell’Islam. Poi mi invita a conoscere la sua scuola coranica dove i giovani ragazzi recitano a memoria il Corano senza interruzioni. Prendiamo un the insieme e insiste perché mi fermi a dormire da lui…la “sua tenda” in mezzo a noi. 

       Hissen, giovane musulmano scappato dalla Nigeria e dal terrore di Boko Haram (il movimento terrorista che imperversa nel paese vicino) arriva a Fada al nord del Ciad, nel deserto, e trova rifugio presso la nostra comunità cristiana..strano no? In mezzo a tutti i musulmani trova riparo dai cristiani…che Dio si stia burlando di noi? Ma quale Dio? Quello del Gesù in croce dei cristiani o quello dell’Issa dei musulmani che non muore in croce? Hissen partecipa agli incontri della comunità, viene alla Messa senza che nessuno lo abbia invitato a fare un passo che per l’Islam non è previsto…ma lui viene e nessuno gli chiude la porta…lo Spirito sorprende e vuol passare…

         Chouloupi amico e falegname musulmano l’anno scorso mi ha chiamato per gli auguri di Natale. Lo farà ancora quest’anno? Nel frattempo ci ha prestato la sua saldatrice per i lavori del capannone per quattro mesi e non ha voluto una lira…anche questo è dialogo al quotidiano. Come quello con Ousmane, giovane musulmano che coordina il nostro centro culturale Foyer del Jeunes…agli inizi dei nostri incontri sempre facciamo un momento di silenzio nel quale ognuno prega il suo Dio…rispetto e preghiera simultanea attorno allo stesso tavolo…quello della mensa del Regno dove un giorno ci trovremo tutti assieme a festeggiare..”molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli” (Mt 8,11)

         Ramadam nostro vicino cuoce la carne fino a sera e a volte mi fermo da lui per gustare il “laham” la carne di agnello…ora siamo amici e quando mi vede passare mi invita e mi offre gratis..così fa anche Adoum che vende il the sulla strada a due passi da casa…mi siedo parlo con lui e con la gente e sempre vogliono offrirmi. Ormai siamo amici e l’amicizia sorpassa tutto. Lo avevo capito anni fa sulle Ande peruviane e oggi trovo conferma ad altre latitudini: l’evangelizzazione comincia e passa dall’amicizia…dalla relazione diretta con le persone…da rispettare e amare per quello che sono…musulmane o cristiane, della religione tradizionale, di qualunque etnia…l’amicizia che sorprende, coinvolge, rispetta, accoglie, apre un varco…

         Il sabato prima di Natale la nostra cellula Caritas prenderà in esame alcuni progetti di sviluppo: un associazione di donne musulmane con handicap e un'altra di vedove musulmane. Cercano attività generatrici di reddito per sfamare i loro bambini…con Souade e Hajje, le due predidenti, siamo diventati amici: ho visitato le loro case e abbiamo mangiato insieme…un altro progetto riguarda l’alfabetizzazione dei bambini di strada costretti all’elemosina dai loro marabouts (maestri del Corano)…vedremo ma intanto lo Spirito cerca un varco…

         Mentre scrivo sento sullo sfondo i canti dei bambini della nostra scuola che preparano la festa del Natale…sono cristiani e musulmani insieme che crescono sui banchi, uno accanto all’altro…non fanno storie se si tratta di preparare la festa di un'altra religione…festa imposta? No! La scuola è cattolica e propone questa iniziativa..chi non vuole è libero di rinunciare…ma famiglie e bamabini qui non vogliono perdersi l’avvenimento…

         Così mentre il mondo si polarizza tra presunto islam e occidente malauguratamente etichettato “cristiano” (ma sarebbe molto meglio dire tra interessi geopolitici diversi) qui al nord-est del Ciad stiamo provando a tessere legami con il popolo perché Dio passa passare con il suo Spirito che soffia come e dove vuole…senza controlli, etichette, lasciapassare, passaporto o carte di battesimo… qui al nord-est del Ciad con tutti i nostri problemi e contraddizioni (ce ne sono tantissimi! Se solo cominciassi…ma voglio vedere e provare speranza) la Parola prova a mettere la sua tenda in mezzo a noi…e allora sarà Natale ancora, quello essenziale…quello senza il quale il sale perde il sapore, senza il quale essere cristiani sulla carta o per abitudine o per tradizione non serve più a nulla:

Voi siete il sale della terra ; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente” (Mt 5,13)

Che la Parola trovi un varco in te…
per un Natale essenziale
Tuo amico e fratello nel cammino

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