sabato 14 marzo 2020

Acqua, Dio, Cibo: quei tre sconosciuti che cambiano il mondo



 Commento a Gv 4,5-42

Ai pozzi all’est del Ciad sono le donne a sudare. Per tirare la corda dei secchi pieni di acqua da caricare sui dorsi degli asini. Fatiche immense per cercare e alimentare vita. In nome dei figli e della famiglia da portare avanti.

Anche un uomo ebreo cerca vita nell’ora più calda del giorno. E incontra una donna di un'altra cultura. Popoli che si intersecano e provano a innescare la speranza di un mondo che vive la convivialità delle differenze. Entrano in dialogo, cosa non scontata per persone di diverso sesso e etnia. Anche in Ciad.

L’uomo originario della Galilea parla alla donna di un acqua speciale che lei non conosce. Un acqua che dà forza e coraggio nel cammino della vita. Non per un solo sorso o attimo. Ma per sempre. Un acqua viva. Così viva che anche la morte, il passaggio ultimo, non può arrestare. Un acqua che, conosciuta, non fa più cercare altra linfa per andare avanti. Basta quella. Il senso vero dello stare al mondo, dell’abitare questo pianeta che si sta ammalando e chiudendo. Quella forza vitale per cui, per dirla alla Martin Luther King, vale la pena vivere e, se serve, anche morire. In altre parole, l’Amore. Che niente, neanche una pandemia, possono distruggere.

Acqua che rimanda all’infinito, ad un oltre che ci sorpassa. Che non conosciamo, come dice l’ebreo. E che non è da adorare in un luogo particolare ma da riconoscere presente dappertutto. Nei volti degli ultimi, degli scartati. E dei tantissimi che fanno causa comune con loro. In Ciad i nostri responsabili di comunità che si spendono con passione per vivere in zone durissime al ritmo del Vangelo. Eccolo in azione, il radicalmente Altro che cammina sulle gambe umane seminando speranza, gioia, coraggio e giustizia, vicinanza ai poveri. Perché come diceva Geremia profeta: “Conoscermi non è forse praticare il diritto e la giustizia, tutelare la causa del povero?” (Ger 22,16)

Non solo acqua e infinito che non si conoscono. Anche cibo. L’ebreo infatti parlando agli amici che lo seguono indica un cibo particolare, di cui non hanno esperienza. Il pane dell’Eucarestia, una vita spezzata con gli impoveriti della terra. Come l’uomo ebreo che poco dopo si definirà lui stesso il pane della vita (Gv 6,48). Fino ad allora avevano vissuto per sé. Ora sono chiamati a vivere per gli altri. Un ribaltamento di prospettiva, un orizzonte che non conoscevano. Ma che riserva la sorpresa finale del mietere. Il raccogliere frutti di giustizia che altri hanno seminato. All’est del Ciad la bellezza di vedere cristiani e musulmani insieme per costruire dal basso una prospettiva diversa di vita. Dove culture e religioni diverse si incontrano, dialogano, imparano l’una dall’altra. Il sogno di Dio. Il Regno. La Terra Senza Mali dei popoli dell’Amazzonia.

Questi tempi del Corona virus che impaurisce e isola possono farci mietere nel mondo la miccia della rivoluzione spirituale che ridà una scossa all’umanità. Tornare all’essenziale per vivere. Fare esperienza di Dio, incontrarlo, lasciarci amare in profondità. Dargli la possibilità di parlarci al cuore. Di vivere dentro noi! Come acqua viva, Spirito e verità, cibo di cui abbiamo fame e sete disperate! 

Credo che solo ripartendo da questo incontro l’umanità si rialzerà. Non importa che quel Dio sia quello di Abramo, di Gesù, di Maometto o delle altre grandi tradizioni spirituali del mondo. Basta solo un sorso di quell’acqua cosmica, un frammento di quel cibo universale per dissetare e sfamare per sempre l’anelito di vita intensa e indistruttibile che ancora batte, come sogno, dentro ognuno e ognuna di noi.

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