Non perde un colpo e non molla la
bicicletta. Da più di quarant’anni percorre le strade di Moissala per
annunciare la Buona Notizia di Gesù al suo popolo: gli Mbay. Ci crede fino in
fondo e non si perde mai una messa, un incontro. Visita regolarmente le comunità
cristiane del suo settore e quando arriva i bambini cominciano a cantare e
saltare di gioia. E’ un papà per tutti. Un papà dal viso buono che non si
arrende mai. Neanche quando si vede morire tra le braccia la figlia Ronel (la
Gioia) ormai distrutta e “mangiata” dai vermi. All’ospedale di Doba siamo
passati a trovarlo con padre Michael, confratello comboniano, e abbiamo pregato
insieme per lei. Poi è tornata al Padre-Madre di tutti. E lui con la bicicletta
si è rifatto gli 80 chilometri per tornare a casa. Quelli stessi che aveva
fatto di corsa per raggiungere l’ospedale con la figlia sul portapacchi.
Incredibile!
E’ nato verso il 1949. Verso perché
qui non c’erano registri delle nascite. Mai chiedere l’età a qualcuno da queste
parti. E’ già metterlo in difficoltà. Il suo villaggio è Brakaba a 80
chilometri da Moissala, il centro della Parrocchia. Nel 1961 viene battezzato
dopo 3 anni di cammino e di scoperta di quel Gesù di Nazaret che gli stava
cambiando la vita. E poi un continuo di impegni, sudore, incontri, ritiri.
Tutto per il Vangelo. E senza prendere una lira. Certo con i suoi limiti e
difetti. Qualcuno dice che è un po’ altezzoso. Ma io credo che dietro ci sia un
po’ di gelosia. Quando lo chiamo per ridere “Vescovo di Tuzinde”, il suo
settore, ride in sottofondo e prova a nascondere l’imbarazzo. Tutti lo
conoscono e lo salutano quando passa in bici!
Da mesi è ammalato. Le ossa gli fanno
terribilmente male e da ste parti niente rimedi. Fa ormai fatica a lavorare il
suo campo e si affida a sua moglie Silawai. La quale presa da troppo lavoro si
rifugia da tempo nell’alcool. Un giorno è venuto da me disperato per chiedermi
di fare qualcosa. Sono partito a casa loro e la notte attorno al fuoco ho
tirato fuori l’argomento. Non l’avessi mai fatto! Lei si è alzata dalla sedia
urlando e negando tutto. Per poi ripensarci qualche settimana dopo e cambiare
davvero vita. Gli Mbay sono così: non apprezzano le osservazioni e i rimproveri.
La reazione a caldo è brusca. Ma poi il tempo lavora le coscienze…
Primo direttore del Centro di
formazione dei catechisti di Silambi è ancora oggi un pilastro della comunità
cristiana di Moissala. Uomo di assoluta fiducia. Gli chiedi un favore e stai al
sicuro. Gira le comunità dormendo la notte sulla stuoia e quando fa caldo sotto
l’albero. Quando parla tutti l’ascoltano perché non si infiamma mai e non ha
mai fregato nessuno. Un cristiano come pochi. Sempre presente, anche nei posti
più lontani e nei villaggi più difficili, come Lapia, oltre la foresta a più di
30 chilometri da casa sua. Ci siamo ritrovati assieme in dicembre alla festa
del raccolto. Gli ho chiesto in confidenza se avesse qualcosa da rimproverarmi
dopo tre anni di lavoro assieme. Ci ha pensato a lungo la notte. Poi al mattino
mi ha detto: “ Con te mi trovo molto bene. Ma attento! Giochi troppo con i
bambini…”. Ci son rimasto! Da ste parti funziona così. E finisce che nessuno, o
quasi, per tradizione e dintorni, gioca
e si diverte con i piccoli.
Quando sono partito da Moissala è venuto
a salutarmi al villaggio di Silambi II e ha ballato anche lui la sera con i
giovani. Perché il suo sangue è ancora giovanissimo. Non importa la data
anagrafica, che tra l’altro qui non siste, ma quell’entusiasmo irresistibile
che viene dall’aver incontrato davvero Gesù di Nazaret e il suo progetto di
liberazione.
Gli regalo una piccola croce come
ricordo. Ma lui l’ha portata e vissuta tutta la vita. E continua a sentirla
sulla pelle. Perché chi si avvicina così tanto a Gesù di Nazaret non può che
viverne a fondo lo stesso destino, progetto e sogno. Anche pagandone il prezzo
più alto.
Grazie Nerbé, amico e fratello nel
cammino!
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