lunedì 21 gennaio 2013

La bici di Nerbé





Non perde un colpo e non molla la bicicletta. Da più di quarant’anni percorre le strade di Moissala per annunciare la Buona Notizia di Gesù al suo popolo: gli Mbay. Ci crede fino in fondo e non si perde mai una messa, un incontro. Visita regolarmente le comunità cristiane del suo settore e quando arriva i bambini cominciano a cantare e saltare di gioia. E’ un papà per tutti. Un papà dal viso buono che non si arrende mai. Neanche quando si vede morire tra le braccia la figlia Ronel (la Gioia) ormai distrutta e “mangiata” dai vermi. All’ospedale di Doba siamo passati a trovarlo con padre Michael, confratello comboniano, e abbiamo pregato insieme per lei. Poi è tornata al Padre-Madre di tutti. E lui con la bicicletta si è rifatto gli 80 chilometri per tornare a casa. Quelli stessi che aveva fatto di corsa per raggiungere l’ospedale con la figlia sul portapacchi. Incredibile!

E’ nato verso il 1949. Verso perché qui non c’erano registri delle nascite. Mai chiedere l’età a qualcuno da queste parti. E’ già metterlo in difficoltà. Il suo villaggio è Brakaba a 80 chilometri da Moissala, il centro della Parrocchia. Nel 1961 viene battezzato dopo 3 anni di cammino e di scoperta di quel Gesù di Nazaret che gli stava cambiando la vita. E poi un continuo di impegni, sudore, incontri, ritiri. Tutto per il Vangelo. E senza prendere una lira. Certo con i suoi limiti e difetti. Qualcuno dice che è un po’ altezzoso. Ma io credo che dietro ci sia un po’ di gelosia. Quando lo chiamo per ridere “Vescovo di Tuzinde”, il suo settore, ride in sottofondo e prova a nascondere l’imbarazzo. Tutti lo conoscono e lo salutano quando passa in bici!

Da mesi è ammalato. Le ossa gli fanno terribilmente male e da ste parti niente rimedi. Fa ormai fatica a lavorare il suo campo e si affida a sua moglie Silawai. La quale presa da troppo lavoro si rifugia da tempo nell’alcool. Un giorno è venuto da me disperato per chiedermi di fare qualcosa. Sono partito a casa loro e la notte attorno al fuoco ho tirato fuori l’argomento. Non l’avessi mai fatto! Lei si è alzata dalla sedia urlando e negando tutto. Per poi ripensarci qualche settimana dopo e cambiare davvero vita. Gli Mbay sono così: non apprezzano le osservazioni e i rimproveri. La reazione a caldo è brusca. Ma poi il tempo lavora le coscienze…

Primo direttore del Centro di formazione dei catechisti di Silambi è ancora oggi un pilastro della comunità cristiana di Moissala. Uomo di assoluta fiducia. Gli chiedi un favore e stai al sicuro. Gira le comunità dormendo la notte sulla stuoia e quando fa caldo sotto l’albero. Quando parla tutti l’ascoltano perché non si infiamma mai e non ha mai fregato nessuno. Un cristiano come pochi. Sempre presente, anche nei posti più lontani e nei villaggi più difficili, come Lapia, oltre la foresta a più di 30 chilometri da casa sua. Ci siamo ritrovati assieme in dicembre alla festa del raccolto. Gli ho chiesto in confidenza se avesse qualcosa da rimproverarmi dopo tre anni di lavoro assieme. Ci ha pensato a lungo la notte. Poi al mattino mi ha detto: “ Con te mi trovo molto bene. Ma attento! Giochi troppo con i bambini…”. Ci son rimasto! Da ste parti funziona così. E finisce che nessuno, o quasi, per tradizione e dintorni, gioca  e si diverte con i piccoli.

Quando sono partito da Moissala è venuto a salutarmi al villaggio di Silambi II e ha ballato anche lui la sera con i giovani. Perché il suo sangue è ancora giovanissimo. Non importa la data anagrafica, che tra l’altro qui non siste, ma quell’entusiasmo irresistibile che viene dall’aver incontrato davvero Gesù di Nazaret e il suo progetto di liberazione.

Gli regalo una piccola croce come ricordo. Ma lui l’ha portata e vissuta tutta la vita. E continua a sentirla sulla pelle. Perché chi si avvicina così tanto a Gesù di Nazaret non può che viverne a fondo lo stesso destino, progetto e sogno. Anche pagandone il prezzo più alto.
Grazie Nerbé, amico e fratello nel cammino!

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