venerdì 27 settembre 2013

Buttarsi...





La mattina presto di mercoledì 25 settembre ho lasciato N'Djamena per la nuova missione di Abeché in piena terra musulmana al confine ocn il Sudan.

Non è stato facile salutare la comunità cristiana del carcere di Am Sinene a N’Djamena, amici che lottano in condizioni di vita al limite…quando ho abbracciato Jude, il responsabile della comunità cristiana ho sognato il momento in cui l’avrei rivisto un giorno fuori…

Non è stato facile salutare le comunità cristiane della Loumia, MIshin Sara, Ancien Pont, Mandelia e Mailao con cui abbiamo fatto un tratto di strada assieme. Domenica alla messa le donne all’offertorio mi hanno portato danzando tanto di quel miglio in regalo che mi hanno fatto vibrare dentro…

Non è stato facile salutare e lasciare gli amici di Toukra, gli sfollati delle inondazioni del 2012…sono rimasti in 580 che resistono in capanne di fortuna ai bordi della strada…baraccati e dimenticati dal mondo

E’ come lasciare un po’ di sé…è come essere divisi dentro

Non è stato facile per il Galileo nella sua terra e non è facile per chi prova con grandi limiti e contraddizioni a mettersi dietro a lui.

Daniele Comboni diceva sempre che “le opere di Dio nascono e crescono ai piedi della croce” e lo sento sempre più vero. 

Ma lanciarsi è bello, perché è continuamente affidarsi…
Missione è “sedersi dove la gente si siede e lasciare che Dio avvenga” mi ha insegnato un amico un giorno…

Noi ci buttiamo e… il resto lo farà Lui!

lunedì 16 settembre 2013

"Chiediamo solo di risparmiare vite umane..."





Situazione estremamente insostenibile alla prigione di Am Sinene a N’Djamena

N’Djamena, 13 settembre 2013 – testimonianza anonima

Il primo problema é innanzitutto la malnutrizione degradante dei prigionieri. I viveri destinati a loro prendono spesso un altra strada ed escono a favore delle famiglie delle guardie. IL cibo é immangiabile e in alcuni casi i prigionieri restano a lungo senza niente e alcuni sono morti senza constatazione e diagnostico per determinarne la cause.

I prigionieri prendono a carico la pulizia del cortile e dell’evacuazione degli escrementi. Certi prigionieri sono costretti a defecare all’aria libera per mancanza di toilette. I detenuti sono circa 1500 per un carcere che ne puo contenere al massimo 500.

Il modo di alloggiare i detenuti é incredibile: in una cella di 4 metri per 4 dormono dalle 68 alle 75 persone mentre in unno stanzone, lo chalet, ci sono oltre 100 persone che dormono sdraiati uno sopra l’altro. Si lasciano dormire gli anziani coricati e gli altri come possono.

La cucina, dietro la grande costruzione, accoglie dei prigionieri duarante il giorno. A fianco ci sono delle celle che assorbono tutto il calore durante la giornata per via della preparazione degli alimenti. A causa anche del fumo delle sigarette l’aria é compressa e manca l’ossigeno. Nel periodo più caldo non si respira. I cuochi poi continuano tutto il tempo a far bruciare la legna per ottenerne del carbone da vendere e cosi le pareti sono roventi. Abbiamo informato gli agenti e i responsabili di costruire la cucina in altro luogo per risparmiare la vita ai prigionieri ma le nostre istanze non sono mai state prese in considerazione.

Spesso le domende di cure mediche sono rigettate in blocco.

Molti prigionieri restano mesi e mesi fino a 2 anni e mezzo senza comparire davanti al giudice d’istruzione per l’udienza. Certe donne non hanno la possibilità di esprimersi perché nessuno le ascolta.
I familiari che vengono a visitare i loro prigionieri devono pagare da 200 franchi CFA fino a 1000 (da 40 centesimo di euro fino a 1 euro e mezzo) per vedere i loro cari e passare loro qualche alimento. Le guardie vino sfruttando i prigionieri e la loro sofferenza

Tra il 23 e il 26 agosto 2013 cinque persone sono morte in carcere.