sabato 28 novembre 2015

Dello stesso sangue

Per un Avvento di Pace e Fratellanza Universale

C’è euforia al Foyer dei giovani di Abéché! Più di trecento giovani affollano il centro culturale della missione cattolica per vivere insieme la giornata della coabitazione pacifica! Sullo sfondo le notizie dalla radio che al lago Ciad ancora Boko Haram, il gruppo affiliato allo Stato Islamico, attacca villaggi e fa stragi di innocenti…ma qui ad Abéché la resistenza di un popolo che ancora prova a credere nella pace…con ostinata speranza…quella di un nuovo cielo e una nuova terra…

                Il 28 novembre  è festa in tutto il Ciad! Si fa memoria della proclamazione della Repubblica…ancora lontana dall’essere la casa comune dei ciadiani…ma almeno in cammino. Dopo trent’anni di guerre che hanno dissanguato il paese e tolto il fiato alla popolazione il popolo ciadiano prova a rimettersi in piedi. Parola d’ordine: oabitazione Pacifica…tra tutte le etnie e culture, tra le religioni…cristiani e musulmani che si mettono insieme per vivere un momento unico di festa, di canto, di riflessione, di preghiera insieme,,,versetti del Corano si intercalano a versetti biblici! Applausi a non finire…pelle d’oca per una speranza oltre confini! Si comincia con le corali della comunità cristiana per continuare con canti in arabo che toccano cuori e sguardi di pace…l’inno nazionale ciadiano cantato da tutti in piedi…le parole di benvenuto dei responsabili della comunità cristiana di Abéché e del Comitato Giustizia e Pace & Dialogo interreligioso che ha organizzato l’evento….per la prima volta nella storia di Abéché.

                Facciamo memoria della storia della nostra città per capire radici e tradizioni…Mohammad Salaeh Jacob, vice rettore della nostra Università Adam Barka di Abéché, apre le danze con un intervento magistrale che fa capire da dove veniamo…terra dell’islam che si apre poco a poco all’incontro con le culture del sud e del cristianesimo passando per la crudeltà del tempo del colonialismo che ha lasciato ferite aperte…poi tante domande intervallate dai gruppi teatrali di giovani cristiani e musulmani che attraverso gesti, parole e situazioni rocambolesche di vita tra diverse etnie e religioni lanciano il messaggio dell’unità nella diversità.

                Quindi l’intervento di Abdelkerim, segretario del Consiglio Superiore degli Affari Islamici, che invita tutti i giovani ad aprire gli occhi e cuori per conoscere davvero il Corano e la Bibbia e partire dai fondamenti e dell’essenza delle religioni: il rispetto per l’altro, l’accoglienza, l’attenzione ai più poveri. “Siamo dello stesso sangue e non possiamo farci del male gli uni gli altri” grida dal palco. “In te vedo me e in me vedo te” dice ai giovani cristiani…lui uomo musulmano formato da suor Nadia ai tempi del liceo Franco-Arab…in 30 anni che la conosce lei non gli hai chiesto di diventare cristiano e lui mai ha provato a convertirla all’Islam…non è forse la libertà di coscienza a cui la Chiesa è arrivato solo con il Concilio Vaticano II. Non è forse questo il mondo che sogniamo? Ognuno risponde davanti a Dio e al santuario della sua coscienza…

                “Non è questo il cielo nuovo e la terra nuova che coltiviamo nel più profondo del cuore?” grida padre Filo dal palco per il messaggio dei cristiani sulla coabitazione pacifica. “Dio sogna una città diversa, costruita da lui come regalo per l’uomo…città dove non ci saranno più conflitti, più sangue e più la morte…la Gerusalemme celeste di cui parla l’Apocalisse al capitolo 21 (Ap 21,1-8). Dio aveva provato a lasciare che gli uomini costruissero la loro città fin dagli unizi…ma quel tentativo è andato male. I suoi figli invece di costruire in orizzontale relazioni di fratellanza universale sono andati in verticale con la torre di Babele dove hanno cercato di toccare il cielo..farsi grandi, sostituirsi a Dio! Così comincia la Bibbia…e termina con la città vera, la Gerusalemme celeste, che può essere solo dono suo per noi. E’ questa la Abéché che sogniamo…il Ciad che vogliamo…l’Africa che portiamo nel cuore…l’umanità che vogliamo rivoluzionare”. Il testo sovversivo dell’Apocalisse è letto anche in arabo da padre Abakar confratello sud sudanese…che termina la mattinata con la preghiera in arabo di Papa Francesco sulla pace(qui in francese):

Prière pour notre terre (Laudato Sii n°246)

Dieu Tout-Puissant
qui es présent dans tout l’univers
et dans la plus petite de tes créatures,
Toi qui entoures de ta tendresse tout ce qui existe,
répands sur nous la force de ton amour pour que nous protégions la vie et la beauté.
Inonde-nous de paix, pour que nous vivions comme frères et soeurs
sans causer de dommages à personne.
Ô Dieu des pauvres,
aide-nous à secourir les abandonnés
et les oubliés de cette terre
qui valent tant à tes yeux.
Guéris nos vies,
pour que nous soyons des protecteurs du monde et non des prédateurs,
pour que nous semions la beauté
et non la pollution ni la destruction.
Touche les coeurs
de ceux qui cherchent seulement des profits
aux dépens de la terre et des pauvres.
Apprends-nous à découvrir
la valeur de chaque chose,
à contempler, émerveillés,
à reconnaître que nous sommes profondément unis
à toutes les créatures
sur notre chemin vers ta lumière infinie.
Merci parce que tu es avec nous tous les jours.
Soutiens-nous, nous t’en prions,
dans notre lutte pour la justice, l’amour et la paix.

                A concludere la mattinata le parole emozionate di Abba Saradingar nostro cristiano e segretario generale della regione del Dar Ouaddai, rappresentante del Goverantore, che si augura vivemente che iniziative come questa si moltiplichino e aiutino i giovani a costruire pace e fratellanza nel paese.

                In serata un video ciadiano stupendo “Moussa e Cristian” per i giovani che affollano la sala video del Foyer. La storia di due grandi amici, uno cristiano e l’altro musulmano, divisi dalla guerra degli anni ’80 che arrivano a ricostruire la loro amicizia e a renderla inossidabile. Segue il dibattito tutto organizzato dai giovani all’insegna delle testimonianze di vita assieme, di amicizia e di rispetto, anche di scontri nella vita a volte…ma mai la serata prende il tono della polemica e dell’astio. Terminiamo nella gioia e con la speranza folle che quello che abbiamo vissuto in questo 28 novembre continui a scaldare cuori e passi dei costruttori di pace, felici di essere chiamati Figli di Dio (Mt 5, 9).

                Da maestra Africa arriva uno spiraglio di speranza,,una porta che si apre...come la porta santa della Cattedrale di Bangui, in Centrafrica, che domani Franscesco splanca per l'avvento di Dio...Per il momento speriamo possa confortare chi nel mondo vive nell’angoscia e nel panico...E per chi vive nella paura che ci fa chiedere in casa. 

               Forse l'insegnamento di mamma Africa può bastare per chi se la prende con tutti gli immigrati? E per chi pensa che non è possibile sulla terra vivere da fratelli e sorelle? 

             Sono solo dei nostalgici sognatori coloro che si spendono per incontrarsi e conoscersi tra diversi? E forse é solo un illuso chi si spende fino in fondo per un umanità nuova per vivere sulla terra in modo radicalmente altro? Forse era un pazzo Gesù Cristo? Forse è solo un matto da legare papa Francesco che tocca ora il suolo sacro del Centrafrica come prima volta nella storia martoriata del paese per un Vescovo di Roma? Forse noi cristiani e musulmani di Abéché siamo solo isola felice che non conta nulla agli occhi del mondo? Forse coem recitano tanti l'impegno non serve a nulla e le cose non cambiano mai?

O forse, come cantava Bennato, “chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle forse è ancora più pazzo di te?


domenica 1 novembre 2015

Santi dentro la storia



Ci svegliamo alle 5 ai primi raggi…dopo una notte passata all’aperto perché il clima di Oum Hadjer è ancora parecchio caldo. Fidele, professore all’Università, e Joseph, infermiere all’Ospedale, mi hanno accompagnato per formare 4 giovani coppie che a Natale si sposano.

                Un bel secchio d’acqua fresca per lavarci, il tempo di accogliere il sole che sale al ritmo del Salmo 63: “Dall’aurora ti cerco…”, di restare in silenzio ripercorrendo le beatitudini del Galileo…ed ecco che arrivano le prime donne, sempre loro le prime!, per riconciliarsi con Dio e con gli uomini…ascolto, ferite, perdono…poi con i resposabili della comunità cristiana intorno al piattone per la colazione a base di pane e salsa con carne di bue…un the e via ad a preparare la celebrazione. In 162 vengono per vivere l’incontro profondo con Dio nell’Eucarestia. La corale canta a squarciagola…il balafon (la batteria tradizionale) riecheggia e dà il ritmo…poi le letture così belle della festa dei santi, la nostra festa…festa di chi è invitato a seguire i passi del Galileo…la meditaazione delle Beatitudini che toccano il cuore della nostra gente…i canti, le danze, i bambini che strillano…

                Al termine della celebrazione il tempo di prendere un the e poi incontro con i catechisti…intanto Fidele e Joseph si ritrovano con le coppie per andare a fondo sul vero valore del matrimonio…controllo l’andamento della piccola scuola che è appena nata e sembra che i primi passi siano buoni…poi ancora tutti attorno al piattone di riso con carne di agnello. I saluti alla comunità e via in strada per aspettare le macchine che fanno la spola Abéché-Oum Hadjer, 140 Km…

                Aspettiamo un oretta perché cercano altri clienti da mettere con noi…così ci invitano sulla strada a mangiare un cocomero e non ci perdiamo l’occasione. Partiamo ma al controllo della polizia mi fermano e mi fanno scendere…un poliziotto nuovo che non mi conosce mi fa storie e mi porta al Commissariato…conosco cosa vogliono, cioè dei soldi, e pensano che come bianco possa spaventarmi. Resto calmo e dico loro che facciano tutti i controlli…che non ho fretta e posso dormire sulla stuoia. Capiscono, mi riconoscono..arriva anche Celestin Lopiagoto il responsabile della comunità cristiana e mi lasciano andare. Così arriviamo ad Abéché che il sole è già calato. Fidele ci invita a casa a mangiare la boule, la classica polenta di miglio. Ridendo e scherzando ripercorriamo la giornata felici di aver condiviso un tratto di strada con la comunità di Oum Hadjer…così è la missione: incontrare, condividere, mangiare assieme, celebrare, formarci insieme…e poi affidare tutto…è quello che vado a fare adesso davanti a Lui per rimettere tutti i volti, le storie, le ferite e le gioie delle Beatitudini al quotidiano della nostra gente nelle sue mani. 

                Chiedendogli il regalo di essere santi come voleva Daniele Comboni per i suoi missionari…non eroi, non gente dell’altro mondo. Gente di qua, semplice, con mille contraddizioni, cadute e limiti, che semplicemente prova a condividere gioie, speranze, fatiche e ferite di questa umanità...al quotidiano...dentro la storia e non sui piedistalli...aprendo cuore, mente e vita a quell’amore unico e infinito di un Dio che sogna di essere Dio non da solo. Ma Dio con noi.