E’ un ragazzo
di 15 anni, dal volto umile e sconsolato. Non guarda mai negli occhi e il viso
si rivolge sempre a terra. Da tre anni è dentro ad Am Sinene la terribile
prigione alla periferia di N’Djamena. Non sorride mai e abbiamo provato ad
avvicinarlo. Il sabato viene sempre alla messa sotto il riparo costruito in
paglia. Piano piano siamo riusciti a conquistare la sua fiducia e si è aperto.
Senza il padre
da ormai diversi anni viene da un villaggio del sud del Ciad. Ha trovato lavoro
nella capitale come garzone. Pulizie, vigilanza alla casa di alti funzionari. I
quali, non volendo pagarlo, dopo sei mesi hanno pensato bene di accusarlo di
furto e di cacciarlo via. Lo hanno arrestato e percosso al punto che per farli
smettere ha dovuto dire che era colpevole. Ma lui, ci ha davvero confidato, non
ha mai toccato nulla da quella casa.
E così, dopo
la prima udienza col magistrato l’hanno letteralmente dimenticato e
abbandonato. Non sa più nulla del suo destino. Nessuno viene a trovarlo perché
la famiglia è a sud. Ora con un avvocato stiamo cercando di tirarlo fuori e di
restituirgli dignità. Ma intanto Adoumgué è segnato e il suo sguardo perso
testimonia un colpo basso difficile da digerire.
Sono
tantissimi i giovani, ragazzi e ragazze, che lasciano i villaggi per cercare la
sorte in capitale. Dove trovano spessissimo la beffa: violenze e stupri,
stipendi da fame, solitudine. Il sogno della svolta per la loro vita si
infrange ben presto. Contro interessi e poteri forti che nascondono le storie
delle vittime e degli ultimi del mondo.
Ora Adoumgué è
ancora là, ad Am Sinene, ma crediamo per poco. A volte basta soltanto mettere
in moto l’impegno della dignità e fare pressione sulle autorità. Ci stiamo
provando. Ma gli Adoumgué d’Africa e del mondo sono tantissimi e serve un
impegno triplicato da parte di tutti.
Mentre qualcuno
si diverte in Italia e altrove a ingarbugliare il paese e a concentrarsi sempre
e soltanto sulle sue beghe altri, tantissimi, gridano dignità e libertà dalle
prigioni e dagli angoli del mondo. Se alzassimo lo sguardo e aprissimo le
orecchie davvero potremmo insieme ascoltare il dolore del mondo che chiede un
intervento urgente.
Un altro mondo
è possibile, fondato sulla giustizia e sulla verità. Tocca a noi!
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