Commento libero al Vangelo della Resurrezione
Gv 20,1-9
Mentre la tensione aumenta in tutto il paese, con
le presenze di islamisti che vogliono vendicare l’intervento armato in Mali, il
divieto per gli stranieri di avvicinarsi al confine con Camerun e Nigeria, lo
rispuntare dei « coupers des routes » che assolgono i viaggiatori,
una Buona Notizia percorre le strade del Ciad...c’é movimento
attorno al sepolcro! Sul luogo
della morte un via vai di gente che profuma di ricerca e di vita. Come attorno
alla casa di Frederick, giovane cristiano della comunità di Mandelia, a sud di
N’Djamena, morto di epatite. Un incredibile folla che si accalca attorno alla
famigia, per pregare, cantare, danzare e riportare speranza nella disperazione.
Maria di Magdala non si arrende, come le donne
ciadiane e come Ronel, giovanissima, che nel carcee di N’Djamena piange a
dirotto perché le hanno dato 10 anni. E’ buio. Il muezzin canta l’invito alla
preghiuera e i musumani di N’Djamena si preparano con le abluzioni per rivolgersi
ad Allah. E’ buio per la Chiesa, che si concentra sul nome del nuovo Papa e non
su una doverosa, radicale e urgentissima revisione del servizio petrino. E’
buio per l’umanità che cerca felicità nello spred e nei soldi facili senza
impegnarsi a ridurre i divari che separano i pochi ricchi dalla stragrande
maggioranza dei calpestati della terra. Maria non si da per vinta e tornando là
dove la speranza si era rotta, vede che qualcosa si é mosso. Una pietra, quella su cui si é scritta la Legge di Mosé e che ora deve essere tolta
per far spazio al primato dell’amore e del messaggio delle Beatitudini. Si
riaccende la fiamma. Corre via per raggiungere i discepoli. “Hanno portato via il Signore!” é il
grido dei pochi superstiti che ancora cercano ardentemente Dio sulla terra. E
che lo vedono sfigurato nel volto degli enfants-bouviers del Ciad, della gente
che ha perso la terra per il petrolio, delle bambine schiave degli arabi e
violentate a N’Djamena, degli sfollati che vivono sotto le tende perché con le
alluvioni dell’anno scorso hanno perso tutto, dei contadini che si vedono
invasi i campi dalle bestie degli allevatori. Non é certo il tempo di profeti a
di uomini illuminati ad alti livelli...ma Dio li nasconde tra i piccoli come sa
fare Lui. Anche qui in Ciad. Come Etienne, responsabile della comunità
cristiana della Loumia, a 90 Km sud di N’Djamena, che conduce col cuore la sua
gente nel ritiro di quaresima sotto gli alberi e le sorelle Asuncion et
Marceline che non mancano mai in carcere per ascoltare e accompagnre i
detenuti.
Pietro e l’altro discepolo “amico” di Gesù (cioé
tu!) si mettono in moto e corrono. E’ un crescendo di fermento e di
vivacità...la vita che rifiorisce dalla morte. Prima sono scappati e ora
ritornano perché il richiamo della coscienza e il profumo della vita sono
irresistibili. Sono confusi e smarriti come i nostri cristiani, con un piede
che cerca l’adesione a Gesù di Nazaret e e con l’altro radicato nella
tradizione, nella magia dei cri-cri, nei consigli, nei feticci e nelle cure dei
marabout. Ancora non si fidano anche se la vista é già un passo. Nell’anno
della fede siamo ancora lontani come Chiesa nell’abbandonarci a Dio. Ma Lui
continua a fidarsi di noi. E’ convinto che riuscirà ancora a tirar fuori da noi
qualcosa di molto buono. Come Joseph Ratzinger, che sorprende tutti e se ne va
dando una lezione alla Chiesa e all’umanità. Il discepolo amico vede e crede. Ha osservato il sudario, le bende e ha riconosciuto che appartenevano a
Gesù. Il cuore, la memoria e Maria di Magdala lo riportano all’esperienza della
passione e della morte. Senza le quali non c’é resurrezione! Comincia a
credere, almeno alla parole di Maria. Perché ancora non ha compreso la Parola,
come i due che camminano tristi verso Emmaus (Lc 24,13-35). Non capisce cosa
possa voler dire Resurrezione, ma già la sta vivendo. E’ in cammino. Come
quando, anche senza comprendere, andiamo avanti, decisi e convinti di essere al
posto giusto. Ancora non parlano e non raccontano. La Missione palpita dentro
ma ancora la fiamma deve uscire e contagiare gli altri. Tornano dov’erano
prima. Ma non sono più gli stessi. La forza della Parola cova dentro. Come mi
capita in questo tempo di avvicinanamento lento e in punta di piedi al mondo
musulmano. Con la lingua che ancora arranca con l’arabo e fa fatica a
sciogliersi.
E’ solo questione di tempo. Perché ben presto la Missione irromperà con la forza dell’energia di Dio. Perché é roba sua. Noi siamo
le sue gambe e le sue braccia per portare, vivere e testimoniare la Buona
Notizia. Soltanto impregnati di Lui (battezzati!), della sua passione, morte e
resurrezione saremo capaci di vedere, sentire e comunicare vita attorno ai
luoghi di morte. Per cambiare il mondo!
C’é movimento e vita attorno ai sepolcri della
storia...
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