Ci abbracciamo
a lungo e ci sorridiamo! L’incontro col mio fratello Adam Abdallah Moussa, imam
della grande moschea di Tine, è per me un preludio al sogno di Dio. Il sogno di
un mondo dove la fratellanza universale non è teoria per pochi ingenui ma è prassi
del dialogo che si fa vita, amicizia, incontro profondo.
Ero in visita
alla comunità cristiana di Tine alla frontiera con il Darfur: un immersione di
volti, incontri, famiglie, celebrazioni, feste. E non potevo mancare all’appuntamento:
la visita al mio fratello imam. Proprio lui che rientrava dal pellegrinaggio
alla Mecca dopo essere passato a visitarmi ad Abeche.
Cammino
a lungo all’ora del tramonto, prima di ritrovare la sua casa. Lo chiamo e
subito mi accoglie con la gioia che sgorga dal suo volto buono. Mi siedo sulla
sua stuoia, nella sua camera che amo moltissimo perché è piena di libri che
commentano il Corano. Subito mi serve l’acqua sacra di Zemzem, la fonte inesauribile
della Mecca che già prima di Maometto dava ristoro ai carovanieri. Un acqua che
è simbolo unico per i musulmani della vita fedele al Corano, vita che non può
finire. Quell’acqua mi ricorda tanto quella della Samaritana al pozzo di Sicar,
sorgente di vita per sempre! Acque di religioni diverse che si incontrano nel
mare dell’unico Dio.
La
bevo con emozione provando ad immergermi nel significato profondo di un gesto
che per un musulmano convinto porta guarigione, pace e vita piena. Per un
attimo volo col pensiero e col cuore alla Mecca, mi lascio trasportare da un
sentimento che mi avvicina alle viscere dell’Islam. Io cristiano, o almeno ci
provo, mi sento proiettato ad andare oltre l’acqua e oltre la religione per
incontrare il volto di Dio. “In fondo al
pozzo c’è acqua cristiana o musulmana?” chiedeva l’amico musulmano a
Christian, priore di Tibhirine. “In fondo al pozzo c’è solo l’acqua di Dio”
rispondeva Christian.
Trasportati
dall’entusiasmo dell’acqua di Zemzem parliamo a lungo in arabo, mangiamo
insieme la “boule” sudanese, beviamo il the e accogliamo tutti gli amici che
vengono a salutarci. Quando ci ritroviamo soli approfitta per inclinarsi verso
la Mecca e pregare. Nello stesso momento io lo guardo e dentro me riformulo il
Padre Nostro. Padre mio e di Adam Abdallah. Padre e Madre di tutti! Soprattutto
Padre e Madre delle vittime di questa nostra umanità ferita al cuore che, per
sete del dio denaro, fa leva sulle differenze di etnia, sesso, geografia e religione
per ingrassare i ricchi e alleggerire i poveri. Padre e Madre che agisce nel
cuore dei semplici, così semplici e capaci di mettere in soffitta la religione e
le sue dottrine per riportare al centro l’Uomo e il Fratello.